Regia di Marlen Khutsiyev vedi scheda film
Un "cinema che respira". Così Enrico Ghezzi definisce la Nouvelle Vague Sovietica di Andrej Tarkovskji, Larisa Sepit'ko, Kira Muratova, Marlen Khutsiyev...
Rappresenttivo Fortezza Ilic (Mne dvadcat Let), 1961-'64 di Marlen Khutsiyev: uno tra i primi e tra i principali lungometraggi della Nouvelle Vague Sovietica. Con sguardo pacato e malinconico il regista indaga le giornate trascorse spensierate e libere, di un gruppo di giovani moscoviti - ragazzi e ragazze di circa vent'anni - mettendo efficacemente a fuoco le incertezze e le contraddizioni di una gioventù che, con la spregiudicatezza propria della loro età - per essere nata in un clima storico denso di conflitti e contraddizioni ideologiche - interrogava se stessa e la generazione dei padri, nella ricerca della verità. Una verità mai veramente data, nè compresa in un conflitto tra generazioni. La sequenza del dialogo a tavolino tra Sergej e il padre morto soldato del quale egli conosce solo il ritratto appeso alla parete della stanza ne è l'immagine corrispondente: secca e spiazzante la dichiarazione del padre dopo lo scambio di battute sulla loro età (Sergej ha ventitrè anni, suo padre ventuno!) per cui nulla può dirgli, nulla può spiegargli, nulla può insegnargli (essendo - rimasto - più giovane). Sergej rimane quello che era con quello che sapeva: con la storia delle patate raccontata da sua madre alle quali in seguito, vorrà brindare amaramente. Ciò che si fa sentire è il senso della sconfitta da parte dell'esistenza nell'impotenza dell'uomo. Kruscev (allora leader dell PCUS) denunciò il film come un insulto alle vecchie generazioni, per questo, fu rimaneggiato e distribuito secondo l'intervento censorio, fino al completo recupero della versione integrale. C'è da aggiungere inoltre che, negli anni Sessanta, il cinema artistico dell' Unione Sovietica incontra serie difficoltà nella realizzazione di nuovi progetti a causa di un regime che predilige produzioni costose in stile ricercato, emblemi del cinema sovietico ufficiale, che rilancino la tradizione monumentale. Fortezza Ilic è insieme un film corale e intimo: da una parte riesce a trasmettere quel senso di perdita per le cose del passato, la (passata) grandezza dell'URSS ormai soltanto declamata eroicamente e con possanza da alcuni attori che leggono poesie militanti su di un palcoscenico; dall'altra, l'intensità raggiunta nelle riprese dei volti in primo e primissimo piano, talvolta simulando il frammento, altro non sono che specchi del tumulto interiore, dell'angoscia di chi si trova a dover pensare al futuro, guardare davanti a sè sentendosi non ancora certo, non del tutto pronto ad occupare il proprio posto nel mondo che li attende. Ognuno rimane inerme, il tempo scorre e con esso le domande, i sentimenti, gli stati d'animo... .
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