Regia di André Téchiné vedi scheda film
Nella Parigi notturna, poi solare, triste, gioiosa, frivola e contraddittoria, si svolgono le vite di alcuni personaggi che assomigliano alla loro stessa città.
Il tempo è circoscritto, un anno, dall’estate dell’84 a quella dell’85. In questa vi è Sarah, una scrittrice “che non è nata per fare la madre” e che nonostante tutto mette al mondo un figlio. Tuttavia, saranno proprio la vicissitudini che le sono intorno, ogni giorno, a darle spunto e ispirazione per il suo primo romanzo: in esso vi sarà descritta la sua vita, gli incontri di quell’anno, compreso quello con una malattia che non lascia scampo a nessuno.
Diviso in tre capitoli: “Les jours heureux” (giorni felici), “La guerre” (la guerra) e “Le retour de l’été” (il ritorno dell’estate), il bellissimo film di Andrè Tèchinè, vede protagonisti diversi uomini e donne, insieme a Sarah. Anzi, la storia vede proprio nel giovane Manu, che lascia il suo villaggio nei Pirenei per trasferirsi nella capitale francese con sua sorella cantante, una sorta di possibilità e voglia di dar svolta alla propria vita. Ma, come sempre accade, il caso la fa da padrone: durante una notte Manu incontra Adrien, medico cinquantenne, per il quale non prova alcuna attrazione, se non quella di un’amicizia disinteressata. I due si recano in visita da Sarah e Mehdi, una coppia di amici di Adrien che hanno appena avuto un figlio. Da subito, Manu entrerà a far parte delle loro vite. E sarà l’inizio della fine.
Téchiné è un regista che conosce bene il dosaggio, l’equilibrio che può guidare ogni storia d’amore. Nonostante la drammaticità delle vicende, i personaggi del film, sono vitali, grandi lottatori. Se nel primo capitolo abbiamo l’impressione che essi nascano appena, nel secondo tutti loro sembrano scottarsi al solo contatto con la vita, ma senza demordere, nel terzo capitolo, attraverso la morte e la malattia, avvertiamo come tutti rinascano “ a vita nuova”. Non esageriamo, perciò, se ammettiamo che questo di Tèchinè è il film più religioso fra quelli finora da lui realizzati. Si tratta di una religiosità che non ha chiese, capi di stato, poteri, ecc., ma che si pone in diretta discussione con lòa vita e la morte, pur non ottenendo alcuna risposta o proposta. Ancora una volta è il caso che illumina la vita degli uomini, trattandosi, alla fin fine del racconto della lotta all’AIDS, per la quale vale sempre il motto, tra l’altro, ripreso nel film: “la morte non è mai una routine”.
Straordinari tutti gli attori, da Emmanuelle Beart, Sami Bouajila, a Michel Blanc e Julie Depardieu.
I testimoni è un film che merita assolutamente di essere visto perché ha il grande merito di aver riportato al cinema una delle piaghe di cui spesso ci si scorda, nonostante continui a mietere milioni di persone in ogni parte del mondo. Tèchinè, in particolar modo come uno dei personaggi del film, sembra aver riconosciuto la bellezza del volare libero, in un sistema produttivo che sempre più ci propina storie inutili, di cui noi, amanti del buon cinema, ci sentiamo gli unici veri testimoni.
Giancarlo Visitilli
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