Regia di Antonio Margheriti vedi scheda film
In un villaggio, alla fine del Quattrocento, il nobile Kurt manda al rogo ingiustamente una donna ritenuta strega. Poi ne sposa la bella figlia; ma quando nel suo castello compare improvvisamente l'affascinante Mary, Kurt perde la testa completamente. Fra passione, delirio e vera e propria follia, per l'uomo comincia un tragico incubo.
Antonio Margheriti - Anthony M. Dawson nello pseudonimo anglofono dietro cui amava celarsi - è stato attratto dall'horror e dal gotico fin dagli esordi della sua carriera registica; un discreto successo era stato, poco tempo prima, Danza macabra; con questo I lunghi capelli della morte il Nostro tenta di bissare il buon risultato precedente e di imporre il genere sui grandi schermi nostrani. A conti fatti la pellicola in sè funziona: la tensione è magistralmente mantenuta, gli interpreti sono adeguati (e c'è anche la diva del filone horror di quegli anni, Barbara Steele), la storia - pur non eccezionale dal punto di vista dell'originalità, anzi - si sviluppa senza intoppi verso un finale beffardo, ma giusto (e sanguinoso in modo debito). Chiaramente, dati anche i mezzi limitati, il prodotto zoppica qua e là, ma a voler essere obiettivi non ha bisogno - proprio per la sua natura - di troppa tenuta logica, nè Margheriti necessita di effetti speciali sorprendenti per dimostrare di sapere il fatto suo: gli scheletri e le cripte del film sono già più che sufficienti per evocare l'atmosfera spettrale e il senso di inquietudine che il lavoro vuole (deve) emanare. La sceneggiatura è firmata nei titoli di testa da Robert Bohr: Tonino Valerii, secondo l'attendibile Imdb.com; allo stesso modo il soggetto risulta accreditato a Julian Berry, che notoriamente è Ernesto Gastaldi. George Ardisson, Umberto Raho, Nello Pazzafini e la polacca Halina Zalewska occupano i ruoli centrali del cast; ben assestate le musiche di Carlo Rustichelli. 4/10.
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