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L'Italia s'è rotta

Regia di Steno vedi scheda film

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Ted_Bundy1979

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La recensione su L'Italia s'è rotta

di Ted_Bundy1979
6 stelle

Satirico e comico farsesco nelle intenzioni, triste e plumbeo nel risultato e nella ambientazione di un'ora su 98' complessivi, almeno fino all'arrivo a Roma.

D'altronde è anche quel che si proponeva il buon Stefano Vanzina sotto l'apparenza un pò fragile della commedia macchiettistica di costume, e come pochi e meglio di altri film più ricordati e "blasonati" al pari de "Il Belpaese" di Luciano Salce, "L'Italia s'è rotta" riesce a fornire una spettrografia più ancora di una rx grazie al grandissimo Aldo Tonti, della Torino grigia e oppressiva per chi non ha nulla o ha perso tutto e non appare, come tutte le città ma in particolare quelle del nord, soprattutto in quel particolare momento storico italiano particolarmente convulso. 

E che però contiene esattamente le stesse tragedie personali, di classe ed estrazione, e tremende sperequazioni, ingiustizie sociali che abbiamo oggi in forma pure estremizzata con l'amplificazione che ne ha comportato l'immigrazione massiccia e sostitutiva, che allora non c'era. 

E vai quindi di licenziamenti "per via della crisi", come capita a Teo Teocoli per una volta pure buon protagonista, nonostante fosse il migliore nella sua mansione alla fabbrica di materiali edili.

Però terrone, quindi non al riparo dai tagli al personale su base preferenziale di salvaguardia, "per quelli del nord". 

E poi, le automobili tutte ferme perché invendute, nei piazzali delle concessionarie, la recessione che incombe sempre più unità ad una inflazione che divora gli stipendi e la capacità d'acquisto, etc., etc., etc., sembra praticamente di sentire l'attualità quotidiana di questo 2024, per dimostrare come in Italia siano stati sempre e soltanto i soliti, a stare male ed essere sottomessi, anche se sono tanti.

Strepitoso Enrico Montesano nella parte dell'autista rapinatore straesaurito ed esasperato, in una prova attoriale che davvero rimane impressa per mimica e bravura.

Ma sarebbe da citare fra le tante partecipazioni speciali oltre allo strepitoso Del Prete sopra le righe magistrato censore di pubblicazioni e pellicole oscene(esplose proprio in quel periodo come nel coevo "Il Comune senso del pudore"), sfinito dalle seghe, il sempre superlativo e qui poco citato Alberto Lionello, lumacone e fellone zio artista, scultore nelle cave di marmi carrarini.

Bello anche lo sberleffo tra i sette nani scolpiti, all'ottavo in giacca e cravatta che la Dalila non riconosce, "ma sì è quello che spesso si vede in tv", cioè Fanfani.

Bella il ritorno al sud siciliano così improbabile e poi come il film e il professore di scuola Orazio Orlando bene ci dimostrano, per fare che? Ma per la prima volta in tutta la storia fino lì, al mare e al sole delle belle coste mediterranee, come ma in chiave ben più drammatica, in "Razza selvaggia" di Pasquale Squitieri.

Belli i titoli di testa e cosa con cui si chiude il film e la parabola sfruttando le immagini dei teatrini di marionette pupi meridionali, e per i bambini. Colonna sonora e canzoni gradevole ma non eccezionale, di Enzo Jannacci.

In sceneggiatura c'è anche Giulio Questi, e per taluni spunti bizzarri come i nonnini toscani motociclisti rapinatori di salumi, formaggi e sott'olii, date le pensioni, probabilmente si vede.

Menzione speciale per il grande attore dialettale ligure Gianni Barabino, vigile a Genova.

Inesistente nella realtà un personaggio femminile come quello di Dalila Di Lazzaro/Domenica Chiaregato, però lo stesso interpretato con una certa spigliatezza e senso dei tempi e della recitazione comica. Oltretutto doppiandosi da sè, poiché veneta come il personaggio. Superlativa per tutto il resto all'epoca, ma questo si sapeva già.

 

Ted_Bundy1979

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