Regia di Marino Girolami vedi scheda film
Terzo episodio - sempre firmato da Vincenzo Mannino, qui con la collaborazione di Gianfranco Clerici e Leila Buongiorno - delle violente disavventure del commisario Betti, ancora una volta interpretato con piglio truce (e la disinvoltura di un elefante ubriaco in una cristalleria) dalla monoespressione di Maurizio Merli (arrabbiato=ingrugnito; vendicativo=ingrugnito; trionfante=ingrugnito, etc.). La palla torna a Girolami/Martinelli, dopo l'inserto di Lenzi - Napoli violenta - nella serie; la differenza fra i due registi è piuttosto evidente e volge tutta a favore di Lenzi, ma va d'altronde riconosciuto che Girolami viene dalla commedia più sguaiata ed il suo esordio nel poliziesco è stato proprio con Roma violenta, cioè il precedente film di Betti. Prima Roma, poi Napoli e qui infine Torino e Genova: il filone polizi(ott)esco riservava in quegli anni grande spazio alla cronaca metropolitana, a partire già dai titoli, sempre roboanti ed incisivi come strilli di prima pagina. A tale proposito vale la pena di ricordare che questo Italia a mano armata non ha alcun tipo di parentela con i coevi Roma a mano armata (proprio di Lenzi) e Genova a mano armata (di Lanfranchi): a quei tempi il genere andava tanto forte che cercare titoli originali era l'ultima delle preoccupazioni, anzi: più si somigliavano e più potevano pubblicizzarsi vicendevolmente. Se Lenzi, ad ogni modo, buttava tutto sull'azione, Martinelli (lo pseudonimo con cui Girolami cercava di nascondersi nei suoi lavori più incerti) calca la mano sull'emotività, a costo di rovinare nel patetico (Betti che scivola su un tetto e si aggrappa con le mani ad una grondaia, sospeso nel vuoto, e che riesce a risalire sul tetto causando l'ovazione della folla ammirata nella strada sottostante); rimane da sapere a chi sia venuta l'idea di rappresentare Betti che rifiuta deciso qualsiasi trattativa con i rapitori di una scolaresca che hanno appena minacciato di sterminare, rapitori che prontamente scagliano un cadaverino ai suoi piedi un istante dopo. Quando è troppo (patetico), è troppo. Vedasi allo stesso modo la (risolutiva?) scena finale. Confermato Franco Micalizzi alle musiche, se la cava come sempre. 4,5/10.
Un pullman di bambini rapiti: è un caso per il temibile commissario Betti. Che non solo lo risolverà, ma da qui riuscirà pure a risalire ad un boss con cui ha antichi rancori...
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