Regia di Ilaria Borrelli vedi scheda film
Sveva (Ranzi) è un'enologa umbra sulla trentina che vorrebbe salvare la vigna che per anni era stata curata da sua madre, ormai morta. Il suo sogno è quello di produrre un vino specialissimo. Ma il coronamento delle sue speranze è messo a durissima prova dalle difficoltà finanziarie, dal disinteresse del padre, dall'idiozia della sorella (Pellegrino), dalle pressioni dei creditori, dalle velleità del marito e dalle stramberie della figlia, perennemente impegnata a fantasticare sulle differenze tra il mondo degli umani e quello delle formiche. Capita una volta ogni dieci anni di vedere un film insulso come questo: dall'idea di Patrizia Pellegrino (una che in passato ha regalato al cinema perle come Dance music, Italian boys, Se tutto va bene siamo rovinati e Vacanze d'estate) e dalla regia di Ilaria Borelli (che aveva già firmato il pessimo Mariti in affitto, servita anche in quel caso da un'attrice di grosso calibro come Maria Grazia Cucinotta) escono soltanto berci, cachinni, battutine sciocche e insipide. La recitazione è impossibile da descrivere a parole: bisogna guardare il film per capire quali misteri si nascondano dietro il cinema italiano e perchè gente come Galatea Ranzi debba essere considerata un'attrice. Davanti a film come questo un solo grido è possibile: 10-100-1000 Vanzina!
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