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XXY

Regia di Lucía Puenzo vedi scheda film

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La recensione su XXY

di barabbovich
9 stelle

 

Un chirurgo plastico argentino si mette in viaggio con moglie e figlio sedicenne (Piroyansky) verso la costa uruguaiana. Lo spinge fin lì la richiesta d'aiuto di una madre che, senza dire nulla al marito, vorrebbe risolvere una volta per tutte il problema del doppio sesso della figlia 15enne (una straordinaria e bellissima Inés Efron, che ricorda moltissimo la Charlotte Gainsbourg de L'effrontée). Tra l'ermafrodito e il ragazzo della coppia ospite - anch'egli in piena crisi di identità sessuale - scocca la scintilla che spiazzerà entrambe le famiglie. Figlia d'arte (suo padre Luis vinse un oscar con La storia ufficiale), Lucia Puenzo fa il suo esordio ditero la macchina da presa con un film di straordinaria intensità sul tema dell'ermafroditismo come epitome dell'ambiguità sessuale. "Quando è nata non l'ho fatta operare perché mi sembrava perfetta", rivela il padre (Darin), condensando in una sola battuta il mito platonico del Simposio: l'ambiguità dell'identità sessuale come sineddoche del nostro essere-nel-mondo, la diversità trasformata in perfezione. La Puenzo orchestra impeccabilmente un racconto (tratto da Sergio Bizzio) giocando per sottrazione: a differenza di altri notevoli film sullo stesso tema, in XXY non troviamo né la disperazione urlata di Boys don't cry, né il registro grottesco di Transamerica o lo stile simpaticamente caciarone di Tutto su mia madre. Piuttosto, con i suoi sguardi, le sue pause, i suoi silenzi, i suoi simbolismi, la sua delicatezza, XXY ricorda certe atmosfere della trilogia dell'incomunicabilità di Antonioni, con la differenza che, grazie anche alla recitazione di un cast in stato di grazia, la Puenzo sa arrivare diritta al cuore dello spettatore, lasciando un segno profondo nella scena più potente del film, quella dell'incontro erotico a parti invertite tra i due giovanissimi amanti. È a partire da quella scena che il gioco di specchi tra identità diverse si frantuma per moltiplicarsi in ulteriori pezzi, fino a mostrare il paradosso della normalità nell'anormalità e viceversa. Gran premio della 46esima settimana internazionale della critica (Cannes 2007), dove si è aggiudicato anche il premio ACID/CCAS.

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