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XXY

Regia di Lucía Puenzo vedi scheda film

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La recensione su XXY

di Peppe Comune
7 stelle

Alex (Inés Efron) è un ermafrodito. La sigla xxy indica la presenza in un patrimonio genetico sia dei gameti maschili che di quelli femminili. Quando arriva l'adolescenza  Alex non è ancora pronta a governare le sue sensazioni più intime, non sa sciegliere, e di fronte alla possibilità di un intervento chirurgico i dubbi l'assalgono tremendamente. La situazione si complica ancora di più quando conosce Alvaro (Martìn Piroyanasky) , il figlio di  una coppia di amici dei genitori (Guillermo Angelelli e Carolina Perlitti) che viene a trascorrere un periodo di vacanza a casa loro.Tra i due nasce una pericolosa e inaspettata attrazione. In questo particolarissimo percorso di vita l'accompagnano i genitori (Ricardo Darìn e Valeria Bertuccelli) che si sono trasferiti dall'Argentina in una zona sconosciuta sulla costa dell'Uruguay per proteggere Alex dalla curiosità morbosa di chi ne vuole fare un fenomeno da baraccone. Immersi in un suggestivo paesaggio marino, la condizione di Alex sembra assorbita nella calma quotidianità del luogo ma il tempo delle scelte è arrivato e ai genitori che sono propensi a farla decidere senza forzature fa da contrappunto un'umanità sorda ai richiami del vivere civile, un'insensibilità che strazia l'esistenza di Alex.

 

 

"Xxy" è un film forte, condotto con mano sicura dall'esordiente Lucia Puenzo che, senza scadere nel sensazionalismo di maniera o in un comodo moralismo di facciata, è stata brava a restituirci la problematicità dei comportamenti umani quando scoprono i loro reali istinti sessuali e sono messi di fronte alla necessità di operare delle scelte estremamente difficili : nascondersi o proiettarsi nudi senza remore? Fingere o sfidare la pubblica gogna del perbenismo oscurantista? E' un film sulla difesa della libertà individuale messa perennemente in crisi dall'invadenza del senso comune, dalla volgarità del voyeurismo tipicamente televisivo (rinverdendo in tal senso il formidabile "The elephant man" di Linch) ed è per questo che la scelta di Alex investe un campo più vasto di quello della particolare condizione ritratta. Al suo interno, scegliere se diventare maschio o femmina significa scegliere da che punto di vista guardare il mondo, che ruolo si vuole occupare in una società retta da uomini. Proiettandola verso l'esterno, la scelta di Alex in fondo somiglia molto a quelle dell'uomo moderno di fronte a fondamentali questioni poste dal mondo globalizzato: accettare la diversità in quanto tale, come elemento indefettibile della storia dell'uomo, o tendere verso una stereotipizzazione generalizzata tutta a favore di un modello culturale dominante? Progredire in nome della civiltà multiculturale o regredire nel segno del pensiero unico? Ritengo che, anche quando mostrano segni di debolezza sparsi qua e la nella loro struttura narrativa, film come questi vanno lodati per la forza che ci mettono nel trattare temi che sono più centrali nell’economia dell’esistenza umana nel suo insieme di quanto voglia far intendere un sistema mediatico conformista e sonnacchioso. Bravi gli attori, soprattutto Inès Efron (Alex), e buona la prima per Lucia Puenzo.

 

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