Regia di Wang Quanan vedi scheda film
Un pozzo di felicità. Dove non c’è nulla che distragga dalla sopravvivenza, la felicità è sopravvivere dignitosamente. Un pozzo per l’acqua, un marito dalle gambe forti, un camion. Un orizzonte che non lascia scampo all’occhio, una Mongolia sterminata in campi lunghi di rara intensità. Le gambe del marito cedono di schianto, le gambe di Tuya quasi. L’amore qui è filtrato attraverso il setaccio a maglie larghe del necessario, dell’urgente che significa salvezza. Nelle lande brulle della Mongolia, nell’isolamento semi-nomade della pastorizia è molto difficile sostenere una vita sociale che permetta di incontrare l’uomo giusto quando l’uomo giusto non è altro che un essere umano forte che possa mantenere entrambi, Tuya e il marito infermo. Le “audizioni” di selezione del nuovo marito portano dai villaggi vicini i pretendenti in una processione grottesca di doti esibite e solitudini dignitose e private.. Un altro pianeta, piatto e solitario, sferzato da improvvise tempeste di neve, dove esseri alieni coloratissimi e senza sesso, intabarrati nelle vesti pesanti, conducono vite talmente orgogliose e semplici da non poter essere affascinanti.
Nonostante le sinossi indichino come drammatico il film, in realtà è una commedia triste di svellamento delle radici, di impossibilità di confrontarsi con il mondo “civile” della capitale, lo spazio in cui si svolgono le azioni dei protagonisti riveste infatti un ruolo fondamentale. Tuya e il marito sradicati dall’infinito del loro orizzonte, costretti dagli eventi a separarsi prima e successivamente rinchiusi in celle- abitazioni-ospedali perdono tutto la loro spinta vitale, come se il sopravvivere fosse- e sicuramente lo è- l’unico modo conosciuto di affrontare la vita, non riconoscendo come vita in quanto tale il tumularsi emotivo in costruzioni prive di vento, di terra di silenzio. Di vento da combattere, di silenzio da rispettare da acqua da cercare come primaria condizione di felicità, un pozzo di felicità. L’amico di sempre si offre di sposare Tuya, di mantenere il marito, suo amico, offrendo in dono il pozzo e rischiando per esso la vita. . Un film molto bello, giustamente vincitore a Berlino, una storia molto semplice di sensazioni e usanze distanti anni luce dalla nostra comprensione del dolore e dell’amore, scandito da scene di secca drammaturgia in cui il senso della famiglia come nucleo chiuso e impenetrabile viene allargato a una comunità intera pronta a festeggiare, coloratissima e ottimamente fotografata, il nuovo matrimonio di una donna forte, Tuya, quasi fredda nella scelta obbligata dei sentimenti che le consentono di sopravvivere ma non di allontanare quel pianto solitario e dignitoso ma che non ha nulla di liberatorio, chiusa sola nel buio di una stanza al primo screzio tra i suoi due uomini di famiglia.
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