Regia di Eli Roth vedi scheda film
Persino i mietitori sfegatati del gore estremo rischiano la siccità col sequel di Hostel. Un bagno al sangue memore della contessa Báthory, un pene reciso che par venir dritto da Cannibal ferox, una sega circolare sulla faccia, qualche testa mozzata e buonanotte. Però è tutto buttato sul burlesque, non si fa più sul serio, si scrive-si gira-si monta-si recita un tanto al chilo, veloci e cialtroni, con un treno italiano largo come un transatlantico, scritte fini come "W la figa" e t-shirt di Totti (tipicamente italiane, no?). Coi soldi si compra ogni cosa, anche l'anima: ma qui fanno tutti la figura di pescivendoli al mercato, in primis il regista e sceneggiatore. Che non ha più niente da dire, e quel poco è di riporto, di piattezza disarmante e qualunquismo pericoloso. Hostel era sapido e lucido (e tutt'altro che giustizialista); Hostel Part II è scemo e grossolano. L'ambientazione dell'Est è svuotata di senso, esattamente come la bubble-gang di bambini crudeli, che non fa più paura; e il confronto dialettico centrale tra Beth e Stuart non ha nulla dell'importanza politica e metalinguistica di quello tra Paxton e il suo carnefice nel primo film. Doppiaggio patetico, ma i dialoghi restano inascoltabili anche in originale.
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