Regia di Don Siegel vedi scheda film
Oggetto di un generale snobismo critico in vita, venendo considerato tutt’al più un onesto regista di mestiere nel dirigere le scene d’azione, negli ultimi 30 anni la figura di Don Siegel è stata in parte riscoperta - numerosi sono i libri anche in lingua italiana sul cineasta - , per via del cambiamento critico nei confronti delle opere di genere, venendo considerato a ragione come un maestro, per via della sua regia fortemente dinamica, ma al contempo asciutta, glabra e senza troppi fronzoli inutili.
Molte di queste di queste cifre stilistiche, sono riscontrabili nel cinema di Clint Eastwood, che ha sempre considerato Don Siegel uno dei suoi due maestri – l’altro era Sergio Leone -, con tanto di dedica in chiusura del film “Gli Spietati” (1992).
L’ “Ispettore Callaghan - Il Caso Scorpio è Tuo!” (1971) – sensazionalistica scelta dei titolisti italiani, al posto dell’originale “Dirty Harry”, traducibile pressappoco con “Harry la carogna” –, segna la terza delle sei collaborazioni tra Don Siegel e l’Eastwood attore (qui autore della sua prima sequenza anche nei panni del regista, riguardante la sequenza di un tentativo di suicidio), ottenendo un gran successo ai botteghini, ma anche una marea di critiche virulente, in merito ad una presunta natura fascista del film, nonché sulle ambiguità ideologiche attorno al protagonista, che a confronto le considerazioni negative rivolte a Friedkin, per il suo Braccio Violento della Legge (1971), - l’altro grande poliziesco dell’annata e vincitore oscar miglior film e regia -, sembravano una mera brezza primaverile.
Volendo sgombrare subito il campo da tali considerazioni, prima di tutto la carriera di Don Siegel ha attraversato fasi molto diverse della storia del cinema degli Stati Uniti, essendosi sviluppata per oltre 40 anni.
Non essendo considerato in vita un regista di prima fascia, la maggior parte delle volte dovette lavorare in progetti su commissione, come in questo caso.
Dichiaratosi anarco-socialista, la sua ideologia è riscontrabile in numerose pellicole, in cui spicca su tutte, la notissima “Invasione degli Ultracorpi” (1956), per il quale ricevette numerose accuse di comunismo, quando in realtà era solo un’opera che denunciava l’orribile clima maccartista, dovuto all’insensata caccia alle streghe.
Il suo cinema, seppur immerso in meccanismi di genere, ha sempre presentato personaggi cinici, duri ed ambigui, che avevano bisogno di un respiro “new- hollywoodiano”, per poter emergere in tutta la loro potenza, andando oltre le restrizioni nette delle regole imposte dal cinema classico, nonché dal codice Hayes.
Socialismo (Don Siegel) e repubblicanesimo (Eastwood), s’incontrano in questa libera trasposizione delle vicende del killer dello Zodiaco, - mai catturato nella realtà ed attivo nella California di fine anni 60’ -, per il cui caso, viene scelto l’ispettore Harry Callahan (Callaghan nella versione italiana), - interpretato in modo sottilmente glaciale e da fine umorista nero, da un Clint Eastwood sempre efficace -, una personalità incline alla violenza, dal grilletto facile e dalle relazioni con il prossimo poco amichevoli.
I suoi metodi poco ortodossi, seppur “efficaci”, uniti ai suoi modi di fare brutali – ma sempre spinti alla risoluzione veloce delle indagini affidatagli -, gli hanno procurato il disprezzo da parte di tutti; i politici ed i superiori lo tollerano a fatica per la cattiva pubblicità che porta alle istituzioni, avvocati e giudici sono disgustati per la costante violazione di tutte le norme in materia di diritto ed infine la classe medio-borghese di San Francisco, pur chiedendo ordine e sicurezza, si dichiara inorridita per i metodi spicci e violenti dell’ispettore, pur essendo consci, che su tale violenza contro gli “outsiders” – criminali e minoranze in primis – si basa il loro dominio socio-economico sul paese.
Detestato da tutti e cordialmente ricambiati con grande “affetto” da Harry Callahan, l’ispettore assume i tratti ambigui della maggioranza silenziosa “nixoniana” dell’epoca, che pur scegliendo di non esporsi nel dibattito pubblico, alla fine risulta più che determinante nella politica della nazione.
In ciò risiede la potenza del cinema di Don Siegel, capace di scavare nelle pieghe del suo paese, visto che la violenza perpetrata dall’ispettore Callahan, altro non è che il riflesso dei soprusi giornalieri delle classi medio-alte, nei confronti di chi si ritrova in basso.
L’ispettore agisce direttamente alla luce del sole, per questo mal tollerato dai benpensanti dell’epoca, pronti a puntare il dito contro tale figura, nella quale vedono i propri peggiori istinti, messi in pubblica piazza.
Don Siegel traccia un ritratto antropologico della figura umana, come irrimediabilmente perversa, ipocrita ed ambigua, provando una genuina simpatia, nei confronti dell’ispettore Callahan, visto come una sorta di “anarcoide di destra”, mosso in funzione di una “follia”, generata dai propri istinti morali, a cui manca però un chiaro focus.
Nonostante la comprensione del contesto in cui opere e alle pressioni a cui è sottoposto ogni giorno, la conclusione del regista non può che essere quindi una netta condanna “etica” nei confronti di Harry - si segnala in proposito la scena nello stadio vuoto, in cui il “dolly” montato sull’elicottero si allontana velocemente dal focus della vicenda, come a volersi estraniare dalla violenza in stile tortura compiuta dall’ispettore nei confronti di Scorpio (Andy Robinson) -.
Il protagonista alla fine agisce in base agli ordini ricevuti, senza mettere in discussione il sistema in cui opera, tacitamente accettato come tale.
Sono semmai i suoi metodi d’indagine, ad essere fuori dall’ordinario e compiuti in “ribellione” rispetto alle direttive dei suoi superiori, ma mai i propri fini.
La sua figura viene considerata un “male necessario”, dalle autorità che lo sfruttano nelle situazioni di emergenza, pretendendo ima risoluzione veloce, senza però metterci la faccia direttamente.
I criminali sono ben consci del permissivismo della legge ed in nome di un liberalismo individualista, compiono stragi quotidiane – permesse da un sistema che rende facile a tutti l’accesso alle armi -, passando per le varie controculture rivoluzionarie basate sulla non violenza, giungendo infine alle minoranze – donne e uomini di colore in primis -, che rivendicano il proprio posto come tutti in una società, che non vuole riconoscergli nulla ed anzi, li reprime, sfruttando le idee ben poco progressiste di Callahan, che nella sua follia violenta, si diverte anche a giocare “d’azzardo” con le sue vittime tramite la sua 44 Magnum.
Gli Stati Uniti sono una società violenta da sempre, che dalle logiche del “far west”, non si è poi mossa più di tanto, essendosi solo modernizzata nei mezzi semmai.
La pellicola nella messa in scena altro non è che un aggiornamento del genere western alla contemporaneità: auto, motociclette e grattaceli slanciati verso l’alto, sostituiscono carrozze, cavalli ed i vecchi edifici in legno, ma nulla differenza l’ispettore Callahan, nei suoi giri notturni in una San Francisco oscura, rispetto ad un qualsiasi sceriffo – d’altronde la prima scelta per Harry, era John Wyane -.
Niente della violenza presente nell’americano medio, sembra essere cambiata nel corso dei secoli, rispetto alle radici su cui si fondano i miti ed i valori degli Stati Uniti. Quindi, che uno sceriffo/ispettore sia munito di una stella/distintivo, rispetto ai criminali contro cui si scontra ogni giorno, altro non è, che l’altra faccia della stessa medaglia.
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