Regia di Mohsen Makhmalbaf vedi scheda film
O Bollywood o morte! Sembra questo, oggi, lo slogan valido per chi si avventura nei meandri del cinema indiano. Tanto è sgargiante, pieno di musica, lustrini e colori il cinema bollywoodiano, tanto è scolorito e nooso quello di chi tenta di rappresentare un'India buona per resoconti etnografici degli anni Cinquanta e Sessanta.
Perfino un regista serio ed apprezzato come Mohsen Makhmalbaf, probabilmente spinto dalla produzione internazionale, propone i soliti luoghi comuni della mistura indiana tra erotismo e verbose riflessioni filosofico-religiose. La cosa sorprendente è, semmai, che questa proposta venga da un regista iraniano, che peraltro non si sottrae dal mostrare corpi nudi, maschili e femminili.
Tra conversazioni politiche e religiose - il protagonista è o era un comunista iraniano, mentre i personaggi indiani spiegano in poche parole la dottrina della trasmigrazione delle anime - ed esperienze erotiche assai poco mistiche, si dispiega questo film, che dà il meglio di sé quando Makhmalbaf usa il proprio occhio autoriale per mostrare i riti funebri che hanno luogo sul fiume Gange. Ma l'ispirazione è rimasta altrove, mentre il cinema del subcontinente indiano continua a restare orfano di una grande anima, sintesi delle molte anime del paese, come quella di Satyajit Ray.
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