Regia di John Stockwell vedi scheda film
John Stockwell ha realizzato il film meno orrorifico del genere Horror, eppure ha raggiunto due importanti obbiettivi.
Il primo è sicuramente il ritmo da thriller imposto sin dalle prime inquadrature, girate a bordo di un autobus condotto da un autista esagitato su una strada molto stretta che attraversa la fitta foresta brasiliana, e che finisce per precipitare in un burrone per evitare di travolgere alcune persone, dopo averer rischiato alcuni scontri frontali con altri autoveicoli. Tutti salvi, turisti e indigeni, un attimo prima che l'autobus finisca in fondo al precipizio. Dopo qualche malinteso, anche a causa della scarsa padronanza della lingua, il gruppo dei turisti, nove in tutto, e tutti giovani, decide di non attendere l'arrivo di un autobus sostitutivo, previsto dieci ore dopo, e di scendere verso il mare, dove trovano una spiaggia incantevole, e un bar ben fornito di birra e liquori, oltre che di belle ragazze.
I giovani fraternizzano subito con gli indigeni, e si scatenano in balli e libagioni con intrugli contenenti potenti sonniferi, per cui tutti si addormentano profondamente. Al risveglio, si rendono conto di essere stati derubati di tutti i bagagli e del denaro, per cui devono affrontare il cammino verso un piccolo centro abitato, seminudi e a piedi scalzi. Solo allora si accorgono che una coppia di giovani svedesi manca all'appello: mentre dormivano, sono stati portati via da alcuni indigeni, verso il folto della foresta.
Arrivati al paese, scoprono che bambini e adulti sono in possesso del vestiario e di altri effetti personali rubati sulla spiaggia, e in un cortile trovano la moto dei due ragazzi scomparsi.
Inizia una fuga precipitosa, aiutati da un certo Chicco che avevano conosciuto in spiaggia,e che abita in paese, non verso la salvezza ma per andare incontro ad una esperienza devastante, nel cuore della foresta, dove un medico dell'ospedale di Rio cercherà di asportare gli organi di quei poveri ragazzi per trapiantarli su pazienti brasiliani, aggirando le liste di attesa e per vendicarsi dei ricchi americani e europei, pronti a pagare per comprare organi di bambini brasiliani rapiti allo scopo.
Quì fermo il racconto, per dedicare spazio al secondo obbiettivo raggiunto da Stockwell, e per non togliere allo spettatore tutta la tensione e le vibrazioni che la vicenda trasmette.
Buona parte del film è girato nella foresta tropicale, con puntigliosa precisione, per cui l'occhio dello spettatore gode di visioni di luoghi lussureggianti, dove si alterna la fuga dei turisti e l'inseguimento degli indigeni.
La parte finale del film si svolge tra le grotte di un fiume che si rivela una trappola mortale per i sopravvissuti, tranne tre di essi.
Le riprese sono superbe, rasentano la perfezione nel buio delle grotte e tra le sfumature di azzurro. Sono riprese claustrofobiche,
e sino agli ultimi istanti si resta sospesi nell'angoscia del possibile annegamento dopo apnee lunghissime con spazi minimi per ridare aria ai polmoni la disperata ricerca di una via d'uscita.
Se non fosse per la storia a tinte fosche, si potrebbe godere questo film come un prestigioso documentario per turisti esigenti:
purtroppo, i protagonisti di questa storia non lo erano, volevano risparmiare e fraternizzare con i nativi e gli indios.
Nella scena finale, mentre i superstiti attendono di salire su un piccolo aereo che li riporterà verso la civiltà, sentono il dialogo di una coppia di turisti che vorrebbe affrontare quel viaggio tanto affascinante in autobus. "Meglio l'aereo" suggerisce il redivivo.
Da segnalare l'interpretazione di John Duhamel e Melissa George. Bravi comunque tutti gli attori, i generici, il cast tecnico.
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