La recensione su L'isola misteriosa e il capitano Nemo

di cherubino

6 stelle

Cento minuti di evasione col capitano Nemo, che però mi hanno fatto rimpiangere i film degli anni cinquanta tratti anch'essi, con ben altri risultati, dai fantasiosi romanzi di Jules Verne. Ma è stata anche l'occasione per ricordare un regista spagnolo ingiustamente dimenticato. Il cognome lo conoscete tutti: BARDEM.

L'ISOLA MISTERIOSA E IL CAPITANO NEMO (1973)

(prima recensione)

Giorno di Pasqua, voglio fare qualcosa di diverso dal solito, mi sono detto, cioè niente film oggi. Non ho messo piede fuori casa dal 3 marzo (dentista) ed ho accumulato troppa carta: i quotidiani, che ho l’abitudine di sfogliare prima di depositare nei rifiuti, sono diventati davvero troppi, occorreranno diverse ore. Ed infatti sono già le cinque e mezza del pomeriggio quando l’operazione è conclusa, compresi i due viaggi con trolley ricolmo.

Prima volta con guanti e mascherina (ne feci una decina per i familiari, con carta da forno): non è il massimo, meglio i 2000 passi in tondo che mi faccio ogni giorno in salotto.

Un quarto d’ora di relax poi do un’occhiata a RaiPlay per vedere se ci siano novità e trovo questo film con l’indicazione, la trovo strana, “disponibile solo per un giorno”. C’è giusto il tempo per arrivare all’ora di cena e dunque ne “approfitto”: una capatina all’isola misteriosa di Verne sarà una evasione ben più soddisfacente della mia gita mascherata alle pattumiere, effettuata tra l’altro con un certo timore perché lì di agenti patogeni ce ne possono esser sempre anche se, spero, meno pericolosi del virus incoronato.

il mio commento, terminata la visione, è “una boiatina”. Forse visto su grande schermo (non a computer) il giudizio sarebbe migliore ma il mio desiderio di divertirmi con qualcosa di paragonabile ai film degli anni cinquanta (quello con Douglas alle prese col Mason capitano Nemo; o l’ancor più bello “Viaggio al centro della terra” con lo stesso Mason e Pat Boone) proprio non è stato esaudito, nemmeno sfiorato.

Qui la cosa che più risalta è la pochezza dei mezzi a disposizione da cui consegue la scarsa spettacolarità. A parte questo, emozioni vicine a zero. Certo, si spiega perché RaiPlay lo abbia offerto per il solo giorno di Pasqua: film innocuo messo a disposizione di genitori preoccupati di non turbare i loro semplici e ingenui figlioli; ma esistevano, entrambe le categorie, forse nel 1973 quando il film fu presentato, oggi è difficile trovarne.

È una coproduzione di Spagna (durata 120 minuti), Francia e Italia (più breve, circa100) il cui interprete più noto è nettamente OMAR SHARIF. Gli altri non li cito perché non li conosco, salvo Gabriele Tinti e Rik Battaglia. Neppure una rappresentante del gentil sesso, neanche di striscio, se ricordo bene.

Ciò che mi ha stupito è che il regista (sia pure, leggo, in collaborazione col francese Henri Colpi) non è affatto uno sconosciuto, anzi ci fu un tempo in cui venne considerato il numero uno del proprio Paese, credo a ragione cosicché mi propongo di parlarvi a breve del suo capolavoro.

Negli anni cinquanta firmò grandi film che proponevano nella Spagna franchista un neorealismo che non sfigurava col nostro glorioso del decennio precedente.

Si tratta di JUAN ANTONIO BARDEM.

Era lo zio del ben più noto (oggi) Javier Bardem, che quando questo film fu realizzato aveva 4 anni e, azzardo, sarà stato forse il primo da lui veduto. Quel bimbo avrebbe poi avuto modo e tempo di dare molte soddisfazioni allo zio (più di 20 film interpretati dal 1990 al 2002, anno in cui morì ottantenne) il quale teneva tanto alla continuazione dell’arte della recitazione patrimonio di famiglia. Infatti il suo film d’esordio come regista non in collaborazione con altri era stato, nel ’54, “Cómicos” quale tributo personale ai genitori, entrambi attori teatrali.

Una precisazione sul mio voto: avrei dato ** e mezza; ho dato un po' di più perchè, essendo io "pubblico", non voglio essere peggiorativo rispetto allla "critica" (FilmRivista, ***).

cherubino,

13.4.2020