Regia di Abel Ferrara vedi scheda film
Paradise è il nome del locale di spogliarelli gestito da Ray Ruby (Willem Dafoe). Le sue ragazze sono inquiete perché Ray le deve ancora pagare. E loro senza soldi non si vogliono spogliare. Perché, dopotutto, anche lo strip-tease è un lavoro. L’arte non c’entra nulla. Lo si fa per campare.
E Ray allora deve per forza di cose trovare quei soldi. E non sa proprio come fare. Ha però un asso nella manica, il biglietto vincente del lotto. Un solo problema: non riesce a ricordarsi dove ha messo quel biglietto.
Atmosfere claustrofobiche e buie, quelle dell’ultimo film di Ferrara. Con improvvisi fasci di luce (rossastra, calda) ad illuminare i corpi delle ragazze. Girato totalmente in interni (a Cinecittà) la pellicola si avvale di manovalanza italiana (quasi tutti i tecnici) e di qualche attore di casa nostra (Asia Argento, Riccardo Scamarcio, Andy Luotto, Stefania Rocca)
I racconti promessi dal titolo, purtroppo, non prendono mai vita nella pellicola. Non ci sono storie che si incastrano o si inseguono ma solo la messinscena lineare del vuoto esistente tra i vari personaggi (alcuni neanche ben delineati) che si riempie di dialoghi a volte banali e situazioni surreali che non riescono però a dare una direzione precisa alla narrazione.
Si attende. Si perde quasi la speranza. Si inizia a pensare che Ferrara ci stia ingannando. Poi arriva il Momento. Quello che dà senso e spessore alle immagini. E c’è Ray Ruby che parla in macchina. E ci spiega cosa significhi il Paradise per lui. Che non è solo per i soldi, ma per qualcosa di molto più profondo. Una dichiarazione che è un atto d’amore per lo spettacolo e quindi per il cinema. E allora viene da pensare (o almeno si spera) che Ferrara sia come Ruby, uno che ci crede nelle cose che fa e che dei soldi gliene importa fino a un certo punto.
Go go tales non ha certo lo spessore delle migliori opere di questo regista e in alcuni momenti scade nella noia e nell’apatia eppure si sente la voglia di raccontare un determinato mondo, sotterraneo, notturno, chiuso. Un mondo in cui, anche lavorando, le dinamiche non sono solo quelle del guadagno e del profitto, ma anche del rapporto con l’altro, dell’amicizia di lunga data, della fiducia. E nelle parole conclusive di Ray troviamo anche una nuova luce che illumina le immagini viste, che le eleva dal grigiore di una apparente scarna quotidianità per trasformarle in una metafora del mondo contemporaneo, nel quale sono in pochi ad avere ancora la voglia e il coraggio di seguire i propri sogni, confessando errori e passioni. In un ultimo commovente barlume di verità.
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