Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film
È sempre cattivo segno quando Soderbergh inizia a dilettarsi con giochetti stilistici, eccessive ricercatezze, inquadrature azzardate, perché si sta disinteressando al materiale narrativo e cerca di nasconderne le debolezze dietro una maschera di virtuosismo esibizionistico. Così questo terzo capitolo delle avventure di Ocean e soci è pieno di incursioni grafiche e coloristiche, mistificazioni digitali, angoli di ripresa sorprendenti, mentre la trama si sviluppa briosa, o almeno dovrebbe. Avanza invece a fatica, dietro a tresche e a tranelli sempre più elaborati, con un divertimento così esibito che lascia trasparire la noia della routine. Non c’è niente di veramente brutto in questo terzo capitolo, ma niente di realmente convincente. Tutto sembra un po’ forzato, esasperato, come una battuta insistita a tal punto dal farle perdere efficacia. Come la recitazione di Al Pacino, new entry nel cast a nascondere la defezione di tutto il reparto femminile (Roberts, Zeta-Jones, solo evocate nei dialoghi tra maschi), sopra le righe e sottotono, come la tintura per capelli che ostenta il suo personaggio.
La ripetizione variata spesso funziona, ma qui la variazione è minima, con le solite truffe arzigogolate, sempre più tecnologiche e improbabili, con la sola originalità della stangata al contrario: far vincere tutti a scapito di uno. E della motivazione vendicatrice. Ma se la vendetta è un piatto che si mangia freddo, questo sembra rimasto in frigo un po’ troppo a lungo. Gli stessi protagonisti si lasciano alla fine con promessa di un ritorno (“ci vediamo quando ci vediamo”) resa remota dalla fiacca convinzione espressa, e dal film stesso, che procede in folle sull’inerzia impressa dalle precedenti puntate e di volta in volta calata, con il divertimento che si fa sempre meno evidente, e dove tutti sembrano ormai personaggi secondari al servizio di una trama complessa che non interessa a nessuno.
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