Regia di Denys Arcand vedi scheda film
A dispetto del titolo, e della scena in costume ambientata al tempo delle Crociate, in questo film l'epoca contemporanea non viene accostata al Medioevo, bensì all'età barocca, come del resto, suggerisce la lunga sequenza di apertura, di stampo chiaramente settecentesco. Ci viene infatti mostrato un mondo mascherato in cui nulla è ciò che dovrebbe essere (lo stadio del ghiaccio è, in realtà, la sede dell'ufficio assistenza sociale, il quale tutto fa tranne che aiutare i bisognosi). È una realtà che, per superare le proprie contraddizioni, gioca ai travestimenti e ricorre alle finzioni (la risata non è espressione di allegria, ma un esercizio facciale a favore della produttività). Così, le vere emozioni e le normali pulsioni vengono relegate nella sfera del sogno, che assume tratti mitologici, come nelle opere liriche del XVIII secolo. L'imbarbarimento denunciato dal film non è, contrariamente a quanto si potrebbe superficialmente credere, quello manifestato nel torneo a cavallo o nelle fantasie vendicative del protagonista, bensì quello che impedisce di dare il giusto sfogo ai propri stati d'animo. Una degenerazione della società a cui egli, non a caso, alla fine riesce a sottrarsi solo rifugiandosi in una vita semplice e naturale, che guarda agli spazi aperti del cielo e del mare, e si nutre dei frutti della terra. Un ritorno alle origini che renderà inutili i suoi deliri onirici.
Nella scena d'inizio, l'aria tratta da "Zémire et Azor" (1771) di André Grétry, è mirabilmente interpretata dal cantante pop Rufus Wainwright, che realizza una sorprendente miscela di intonazioni romantiche e sfumature grottesche.
Una fredda icona di bellezza germanica.
Attore perfettamente immedesimato nel personaggio, con una gradevole espressività naturale, sottilmente autoironica.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta