Regia di Chang-dong Lee vedi scheda film
Il diario di un dolore nel cuore di una madre e sopratutto donna,delicato e senza preamboli il "Sole segreto" è una parabola umana dolorosa, un percorso fatto di vuoto, lacrime e negazione...
"Secret sunshine" è un racconto di formazione sul dolore,un opera minimale eppur tragica nel descrivere la metamorfosi di un nuovo inizio che poi si tramuta in tragedia. Dopo il sorprendente "Oasis" il maestro Lee Chan Dong parla nuovamente di sentimenti e di umanità, ma questa volta lo fa attraverso l'animo perso di una giovane donna.
Shin Tae è infatti un insegnante di pianoforte che rimasta vedova decide di onorare la memoria del marito,trasferendosi col figlioletto Jun nella cittadina che ha dato i natali al marito,ovvero Miryang.
in cerca di un nuovo inizio la donna fa la conoscenza di Jong chun,un simpatico e affabile meccanico,rivelatosi interessato a lei e ovviamente non ricambiato,un elemento che nel film viene sottolineato ampiamente durante lo svolgersi degli eventi.
Eppure Shin Tae e Jong Chun seppur distanti come formazione e interessi,sono molto speculari per una sottile e dolorosa solitudine che li pervade.Mentre la giovane s'inserisce a fatica nel tessuto sociale di Miryang,in quanto non vista di buon occhio dalle "comari" del paese,Jong Chun si prefigura come il classico bonaccione preso in giro da tutti nella sua condizione di scapolo.
Due personaggi agli antipodi che Chan Dong riesce a plasmare benissimo,sopratutto grazie alle prove superlative di Song Kang-Ho (attore feticcio di Bong-joon-ho) e della straziante Jeon-do-yeon che per questo film venne premiata a Cannes.
Queste due figure compongono un mosaico di umori altalenanti,dove però è la donna che marchia il segno in ogni fotogramma regalatoci dal regista, in un racconto fatto di sottintesi ed ellissi,di pianti trattenuti e dolori sommessi.
Shin Tae dopo aver trovato impiego come insegnante di pianoforte e dopo aver fatto breccia nella diffidente comunità femminile,sembra ricominciare a sorridere.La prima parte di questo elegante film si concentra sopratutto in un rapporto filiale,la regia segue con la telecamera a mano i giochi e le avventure di Shin Tae e del piccolo Jun. Dei passaggi che inteneriscono e appassionano e come in altre pellicole coreane mettono l'accento sulla simbiosi amorevole tra madre e figlio.
Ma questo equilibrio fatto di gioia e amore si spezzerà presto,quando il piccolo Jun viene strappato alla vita in modo brutale,un evento drammatico che compiutamente ci viene mostrato da lontano,come fossimo spettatori col binocolo di una tragedia insostenibile.
Utilizzando un campo lungo Chan Dong ci restituisce i piccoli e "Amabili resti" di una giovane vita,su di un terreno dove la donna aveva cercato di mettere radici.Se la prima parte del film è una sorta di analisi sul diritto a credere e sognare una nuova vita,la seconda parte cambia il registro,rendendo duri e amari i connotati di ogni azione della donna.Inizialmente tutto viene pervaso da un atmosfera di dolore silenzioso e senza lacrime,dove Shin Tae viene violentemente aggredita dalla suocera e accusata di essere portatrice di morte.
A questo punto seguendo i sermoni di un farmacista Shin Tae si aggrega ad una sorta di pseudosetta di fanatici di Gesù Cristo,in questo viene seguita dal fido Jong -Chun che pur di compiacere la donna si presta a diventare un fervente devoto.
Durante una messa Shin tae esplode in un pianto liberatorio e urlato,sottolineato in una panoramica che mostra devoti un po invasati invocare una grazia. Una sorta di sferzante critica sociale innestata con maestria,nel rendere il rapporto con Dio una sorta di salvacondotto per dolori non metabolizzabili.Quello di Chan Dong appare come un cinema libero e poetico che nella sua elegia non manca di lanciare messaggi sociali.La giovane pianista supportata sempre e comunque dal tenero Jong Chun viene sedotta dalle sirene di un Dio che chiede di perdonare il prossimo anche nei misfatti piu' orribili.
L'incontro con l'assassino del figlio è fatto di sottrazioni e sguardi,nella ricerca di un senso al dolore più orribile,ma tutto ciò viene deluso dalla redenzione di un uomo che nel suo misfatto ha trovato Dio che lo ha perdonato.
Shin-Tae ha dunque perso anche l'appiglio spirituale capace di renderla viva,emblematiche sono le isteriche e catatoniche reazioni che la donna riserva agli adepti di una chiesa che negli occhi e nel pensiero del regista parlano e predicano per una spiritualità che non ci salverà dai dolori.
E' difatti un abisso di follia che impregnerà Shin Tae,in una rabbia sorda e cieca,sottolineando il difficile rapporto della donna con la vita e con la sua famiglia,nel suo delirio incomincia infatti a concedersi sessualmente a chiunque gli si presenti.Una sorta di anestetico alla follia che sfocia pian piano nell'autolesionismo,quella della donna è una discesa agli inferi magistralmente rappresentato nella performance dell'attrice Jeon Do yon.Non si rimane indifferenti di fronte al suo tracollo ,alla sofferenza cieca che pero' ci avvisa che dentro di noi esiste un "Sole segreto" che si prende cura di noi anche nei momenti difficili.
Il finale è infatti un regalo di speranza per gli spettatori,dopo essere uscita indenne da un tentativo di autoannientamento, accompagnata dal fedele Jong Chun ,Shin Tae decide di dare "un Taglio",i suoi occhi guardano uno specchio,forse si può ricominciare a vivere....
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