Regia di Chang-dong Lee vedi scheda film
Con la gentile e delicata crudeltà che gli è propria, Lee Chang Dong realizza un film intenso e drammatico sostenuto con maestria dalle pur fragili spalle della protagonista (premiata come miglior attrice al Festival di Cannes), avvalendosi di una bella sceneggiatura e contando su un ritmo che, seppur lento, accompagna nel giusto tempo l’evolversi della vicenda. Vicenda esteriore, ma soprattutto interiore, quella di Shin-ae Lee che, riuscita non senza sforzi a superare il trauma della morte improvvisa del coniuge, “aggrappata” al figlioletto Jun tenta di ricostruire la propria vita trasferendosi a Myriang (che in mandarino significa “La luce segreta del Sole”, appunto il titolo inglese del film), città natale del marito. Ma il dramma che l’aspetta sarà per lei troppo difficile da superare, e il percorso della protagonista in disperata fuga dalla follia passerà attraverso una non sincera conversione religiosa (qui i punti più alti della narrazione di Chang Dong), presto auto-smascheratasi nel più classico dei bluff che sono perennemente in agguato nel territorio della “fede”, verso un finale non-risolutore in cui Dio, con ogni probabilità, vola via nel vento leggero, imprigionato dentro le ciocche di capelli che Shin-ae, molto laicamente, taglia via da sé. Ottimo film.
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