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Alexandra

Regia di Aleksandr Sokurov vedi scheda film

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La recensione su Alexandra

di alan smithee
8 stelle

Al confine russo con la Cecenia, un’anziana donna giunge, dopo un faticoso viaggio in treno e persino su un mezzo corazzato, presso un campo militare russo per rivedere il nipote, ufficiale dell’esercito, impegnato in azioni di guerra contro il nemico. Alexandra e’ il suo nome, ed e’ una vedova stanca fisicamente e mentalmente dopo una vita di fatiche, privazioni piu’ morali che fisiche, umiliazioni. Non si vergogna di ammettere in un colloquio con una donna cecena che da quanto e’ diventata vedova - un paio di anni prima - ha finalmente trovato quella liberta’ e serenita’ che con il violento consorte non era mai riuscita a intravedere ma solo ad anelare.

Non vede il nipote da sette anni, e quando lo ritrova, addormentato vestito, trascurato e con i piedi piagati prova un senso di sofferenza, pena e delusione, forse abituata all’immagine retorica di una forza armata efficiente e impeccabile e ben organizzata anche nei momenti di urgenza e necessita’.

L’accampamento e’ una baraccopoli di fortuna in cui i giovani soldati riposano dopo le fatiche della rappresaglia contro i ribelli, trascorrono il tempo nell’ozio o pulendo le armi, guardandosi intorno smarriti quasi a domandarsi il senso della loro presenza in quella desolazione. Il nipote assegna alla nonna un giovane soldato che la segua e le procuri pasti adeguati, ma la donna preferisce sviare i percorsi obbligati e vedere con i propri occhi il mondo reale oltre i confini militari. Conosce, familiarizza e viene ospitata da una commerciante dello squallido mercato ove la protagonista si reca per acquistare sigarette e generi alimentari per i militari, e da quell’incontro nasce un’amicizia profonda con la promessa di rivedersi nella citta’ di Alexandra, che si offre anche di far visitare San Pietroburgo ad un gentile giovane vicino dell’amica, che provvede a riaccompagnarla al campo tramite una scorciatoia.

Il film vive anche di momenti teneri e commoventi come quando il giovane affannato militare che ha in custodia la donna, rincuorato dopo averla ritrovata, le apparecchia in pochi istanti una improvvisata ma ordinata tavola per la cena con un mazzolino di fiori, unico vezzo ma anche omaggio dal valore inestimabile in quel mare di polvere e squallore.

Lo sguardo obliquo e ammaliante di Sokurov, che si sofferma sugli occhi liquidi ed interrogativi dei giovani militari semi -svestiti per la calura soffocante, e’ sempre un marchio distintivo unico e prezioso. Il grande autore russo, dopo la trilogia sul potere (ormai quadrilogia con il superpremiato veneziano Faust) si concentra sul ceto basso, sulla base della societa’, che e’ quella che non decide mai, ma subisce sempre le devastanti conseguenze dei conflitti che i pochi potenti causano, generalmente piu’ per capriccio o per logiche di prevaricazione che per reale necessita’ e nobilta’ di intenti.

Molto intensa la prova della protagonista, dalla scorza dura ma dal cuore generoso e caritatevole, volto austero e corpo imponente che trova perfetto riscontro con la professione di nota cantante lirica che ho letto caratterizzi il suo percorso artistico precedente.

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