Regia di Aleksandr Sokurov vedi scheda film
Ha il passo lento e sofferto della sua protagonista, Alexandra, questo anomalo ma bellissimo film antimilitarista, diretto da un Aleksandr Sokurov decisamente ispirato. Alexandra Nikolaevna (Galina Vishnevskaya) è una donna anziana dal carattere forte e indipendente: rimasta vedova da poco più di un anno, decide di raccogliere l'invito di suo nipote, Denis (Vasily Shevtsov), un ufficiale dell'esercito russo, che le chiede di andarlo a trovare in Cecenia, presso l’accampamento in cui è dislocato il suo reggimento. Dopo un lungo e scomodo viaggio in treno, la donna giunge finalmente a destinazione e il nipote, che non vedeva sua nonna da otto anni, le mostra come passano le giornate i militari.
Il mattino del giorno seguente, Alexandra, di sua iniziativa, esce dal campo e tutta sola se ne va al mercato, dove ha modo di incontrare alcune donne cecene, con cui scambia quattro chiacchiere. Una di queste ultime, Malika (Raisa Gichaeva), la ospita a casa sua: tra le due donne si stabilisce un rapporto di amicizia, a dimostrazione che russi e ceceni possono andare d'accordo e convivere senza nessun problema. Una volta ritornata all’accampamento, per Alexandra arriva il momento di congedarsi dal nipote. Questa esperienza, però, la segnerà per il resto della sua vita.
Sokurov è riuscito a realizzare un film fortemente antimilitarista senza mostrare neanche una sola scena di guerra, tanto è vero che in tutta la pellicola non si vede nemmeno uno sparo. Qualcuno ha storto il naso di fronte a questa scelta e ha accusato il regista di aver voluto occultare i massacri dei civili ceceni operati dall'esercito russo. L’intento di Sokurov, però, non era certo quello di negare le stragi compiute dai soldati russi nei confronti della popolazione cecena: l’obiettivo del cineasta, semmai, era quello di riuscire a rendere in modo diverso dal solito la brutalità della guerra, cosa che, tra l’altro, gli è riuscita perfettamente. Perché non serve mostrare carneficine per farci capire quanto male facciano le guerre.
Per comprendere quanto queste siano devastanti basta guardare lo strazio delle donne cecene e come le bombe abbiano sventrato le loro case riducendole a scheletri spettrali. Sono questi i segni attraverso i quali Sokurov ci fa capire quanti danni provochino i conflitti. Il regista russo, dunque, a differenza dei suoi colleghi americani, non ha bisogno di ricorrere a scene cruente per provare quanto dolore possa arrecare la guerra.
“Alexandra” (2007) è un film dolente, completamente forgiato sulla figura della sua protagonista, la quale assiste con un misto di afflizione e sbigottimento alle nefandezze determinate da un conflitto, quello tra Russia e Cecenia, tanto penoso quanto inutile. Sokurov, in splendida forma, adotta un tono mesto ed elegiaco: e quanta poesia c’è nel rapporto che si instaura tra la nonna e il nipote dal momento in cui la prima raggiunge il secondo nell’accampamento in cui lui presta servizio come militare, soprattutto quando quest’ultimo accompagna la nonna in giro per il campo per farle vedere i carri armati e le armi in dotazione all’esercito, con lei che continua a fare domande alle quali lui risponde sempre con grande pazienza. Questa è pura poesia, e ogni altro commento sarebbe superfluo.
Il ritmo è lento, quasi solenne, ma lo stile di regia, meno arduo e ricercato che in altre opere del maestro russo, rende il film accessibile anche al grande pubblico. Da sottolineare l’affascinante fotografia di Aleksandr Burov, fondamentale per la notevole riuscita della pellicola. E indimenticabile l’interpretazione di Galina Vishnevskaya, che si cala con ammirevole impegno nella parte di Alexandra, una donna segnata dagli acciacchi dell’età, ma che comunque, nonostante ciò, è ancora in grado di essere autosufficiente, condizione della quale ella va giustamente fiera. "Alexandra" è un film che riconcilia con il cinema. Capolavoro.
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