Regia di Ulrich Seidl vedi scheda film
Film osmotico fin dal titolo, Import/Export del regista austriaco Ulrich Seidl mette sfrontatamente in scena la bieca spersonalizzazione dei corpi nell'era contemporanea. Attraverso le storie parallele di Olga, ucraina costretta ad emigrare in Austria, e Pauli, austriaco che, dopo mille vicessitudini, si ritrova a vagare senza lavoro per l'Ucraina, Seidl compie l'inquietate accostamento tra persone e cose attraverso il termine di carattere "commerciale" del titolo.
Fortemente influenzato dal regista di punta del cinema austriaco Michael Haneke, Seidl prosegue, a distanza di sei anni dal suo primo successo internazionale Canicola, la propria crudele analisi sociologica dell'Austria, ma non risparmiando critica al di fuori dei suoi confini nazionali. Prendendo così in esame, non soltanto gli asettici quartieri "borghesi" del film del 2001 - che ritornano quando Olga lavora come governante per una famiglia di Vienna -, ma descrivendo, senza concessioni, lo squallore dei sobborghi di Uzhhorod e Košice.
La potenza corrosiva del cinema di Seidl - tutt'oggi inarrestabile e felicemente premiata ai Festival di Venezia di quest'anno - sembra non avere freni. Con una violenza visiva strettamente ancorata al reale - perché, come scriveva Haneke riguardo al cinema di Bresson, a turbare il pubblico quando si confronta con i veri autori, è la stretta «identità tra forma e contenuto» -, Seidl si conferma tra i più acuti e brutali esploratori dell'indifferenza umana.
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