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Lo scafandro e la farfalla

Regia di Julian Schnabel vedi scheda film

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La recensione su Lo scafandro e la farfalla

di FilmTv Rivista
8 stelle

Nel 1995 Jean-Dominique Bauby, 43 anni, caporedattore di “Elle” Francia, durante un viaggio in auto avverte un malore ed è ricoverato d’urgenza nell’ospedale sul mare bretone di Berck. Il corpo completamente paralizzato, riesce a esprimersi solo muovendo la palpebra dell’occhio sinistro. Grazie a una logopedista e a una copista detta un diario dalla sua degenza (edito in Italia da Ponte alle Grazie). Resterà in quello stato due anni e tre mesi, circondato dall’affetto dei figli e di una ex moglie bellissima (Emmanuelle Seigner). Tenacemente aggrappato a ricordi, immagini, percezioni che una forte curiosità e una vita densa di occasioni gli hanno regalato. Una farfalla dentro uno scafandro invincibile, ma che in forza di tali precedenti e di un’ironia d’acciaio, non si piega a chi lo definisce “un vegetale”. Il pittore Schnabel aveva già dato prova di vitalismo nei primi due film, dopo i quali le sue quotazioni come artista hanno preso il volo. Sotto il profilo della messa in scena, la progressione positiva da un film all’altro qui è merito – a parte che di una storia straordinaria ed eclatante a priori – di Janusz Kaminski (Oscar per Schindler’s List e Salvate il soldato Ryan), che fotografa un mondo, per lo più monoculare, con un romanticismo surreale irresistibile, a tratti scopertamente seduttivo e citazionista. Il dilemma del film è tutto qui: da un lato, c’è la sconvolgente, raccapricciante e perciò “meravigliosa” esperienza sensoriale in soggettiva; dall’altro, la claustrofobica, irriverente sperimentazione di una menomazione ferale. Qualcuno ha notato che tutti e tre i film di Schnabel (a parte Berlin, la ripresa del concerto di Lou Reed, presentato l’anno scorso a Venezia) sono biografie di uomini che si trovano a vario titolo sotto scacco. Lui ama riflettersi in personaggi esuberanti e paradossali, e lasciare il dubbio che dietro la poesia stiano provocazione e ricatto. Questo, che resterà come il suo film “d’autore”, toglie ogni dubbio grazie a Mathieu Amalric, già protagonista di I re e la regina, è il suo super cosciente, eroico alter ego.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 16 del 2008

Autore: Raffaella Giancristofaro

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