Regia di Julian Schnabel vedi scheda film
Un protratto, compiaciutissimo ed estenuato ricamo autoptico: questo il registro comunicativo scelto da Schnabel per raccontare la disabilità.
Morbosità nell'indugiare su particolari raccapriccianti ed antie(ste)tica da videoclip si coniugano, armoniosi come uno spot d'un dopobarba, dando vita ad una delle cose più grette, insincere e moralmente esecrabili mai viste su pellicola.
Prova - senza riuscirci - a plagiare Dalton Trumbo e Amenàbar; no... qui siamo a ben altri livelli di patetismo a buon mercato & pornografia del dolore.
E la parte peggiore dell'essere umano osserva, non si perde un frame, scruta, giudica, freme e s'immedesima... come neanche allo show inaspettato d'un incidente mortale a bordo carreggiata. Nessuna differenza con il film di Schnabel: in entrambi i casi c'è la coda per vedere; in entrambi i casi se ne esce con la nausea.
Non a caso le masse unanimi, sbavanti ed esorcizzanti, critiche e fruitrici, voyeur e 'compassionevoli', si son ribaltate dalla sedia per l'entusiasmo.
Un po' di retorica-teorico-pratica-dell'-Immobilismo, a loro sì, sarebbe servita.
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