Regia di Julian Schnabel vedi scheda film
Date le premesse ci si poteva attendere un film patetico o lacrimevole, oppure il veicolo per una prestazione attoriale di quelle "indimenticabili". Invece non è così: lo spirito è piuttosto scanzonato e di chi, seppur metaforicamente, è riuscito a rimboccarsi le maniche ed a creare qualcosa anche in una situazione di totale paralisi, nella quale non solo mangiarsi un piatto di verdure lesse è un "piacere" ormai proibito, ma anche esprimere semplicemente le proprie opinioni è un'impresa titanica. In alcuni momenti, con il suo sfrenato vitalismo (può apparire paradossale, ma è così) il film potrebbe addirittura sembrare uno spot del Movimento per la vita contro l'eutanasia, ma sono sicuro che il buon Giandomenico sarebbe assolutamente rispettoso di chi, nelle sue stesse condizioni, decidesse di chiedere di andarsene. Caso mai è una bella pubblicità per il sistema sanitario francese, così solerte a farsi carico di una malattia così totalizzante da lasciare al paziente soltanto la possibilità di sbattere una palpebra: cosa sarebbe successo in Italia? Ma anche: sarebbe accaduto lo stesso se il protagonista non fosse stato il caporedattore di "Elle"? A parte ciò, è da apprezzare l'impostazione di Schnabel che divide il film tra le inquadrature classiche, con la macchina da presa che inquadra il protagonista e le soggettive sghembe che partono dal suo occhio sinistro: bravo il regista, fra le altre cose, a suggerire il pianto di Jean-Dominique, semplicemente appannando l'obiettivo. Un elogio va fatto anche all'attore Amalric, bravo a stare al proprio posto senza esagerare: spesso nessuno sa essere gigione come un attore nella parte di un paralitico. Difetto: le donne del film sono tuttte troppo belle e troppo buone per essere vere. Anche per un caporedattore di "Elle".
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