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AD project

Regia di Eros Puglielli vedi scheda film

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La recensione su AD project

di EightAndHalf
4 stelle

Ci vuole molto più coraggio a cercare il salvabile piuttosto che a condannare a priori un film come AD Project, tentativo di riproporre nel cinema italiano (ultraindipendente, addirittura auto-finanziato) un'estetica alla Lynch e un intreccio assolutamente fuorviante che si attorciglia su sé stesso come le spirali temporali che circondano i protagonisti. Sicuramente Puglielli ha il pregio di non voler esaurire subito le trovate narrative, e di voler mettere alla prova gli ambienti che inquadra (strade abbandonate, studi psichiatrici e ponti ferroviari) trasformandoli in comuni luoghi dove possa esplodere una spirale di irrazionalità e di incomprensione (meta)fisica. Intanto però pecca innanzitutto in umiltà, lasciando trapelare una presunzione talmente fastidiosa da privare di qualunque voglia di concedere speranze al risultato finale, labirintica quanto volutamente incomprensibile storia corale. E non concede mai, in un'ora e mezza, una pausa al suo stile patinato e assai convenzionale, che saprà destare qualche brivido negli spiriti impressionabili ma che non riesce a lasciare l'amaro in bocca perché esaurito immediatamente nell'insignificanza dilagante dei personaggi. E' ovvio che la lezione di Lynch sia arrivata e che abbia affascinato, almeno a livello visivo, un Puglielli abbastanza testardo e vicino a (ma mai davvero lì lì per) creare un suo personale stile, ma l'utilizzo della telecamera digitale, appiccicata ad attori che stanno fuori parte dall'inizio (la Giovanna Mezzogiorno non sa recitare a prescindere, Valerio Mastandrea si lancia in un'interpretazione che sembra voler riproporre più Morpheus di Matrix che un qualunque insolito personaggio adoratore degli occhiali da sole), non giova a una confezione povera di effetti e che sa utilizzare il sangue per raccontare inquietudini psichiche complesse. Cade però ancora nell'errore di considerare la psiche una sorta di intruglio fra fantascienza e horror, senza riuscire alla fine a creare un nuovo genere come aveva fatto Lynch. Per molti sarebbe anche superfluo tentare un parallelo col grande regista americano, ma Puglielli, oltre (misteriosamente, non si sa come) a non annoiare davvero (certi film moderni di Argento risultano ben più tediosi), mantiene un interesse (seppur altalenante) nei confronti di un'opera che lascia molto spazio all'immaginazione e poco spazio a un vero obbiettivo, che sfiora il nonsense e che vorrebbe far riflettere a fondo lo spettatore sulle possibili modalità narrative per cui il futuro diventa presente dopo che era stato passato, attraverso "bretelle" che portano in altri mondi e videocamere in grado di osservare (diversamente dalla memoria umana) gli eventi paranormali. Si possono poi creare le ipotesi che si vogliono, intorno alla trama, ma ciò non toglie che il film finisca davvero per sprizzare arroganza, e alla fine se ne poteva fare a meno. I discorsi su realtà e finzione, richiamati dall'ossessione per l'immagine, per l'ipnosi e per l'arte recitativa, sono risaputi; un po' meno risaputa invece l'atmosfera morbosa, cadente e pruriginosa del mondo del porno, a cui fa riferimento il personaggio che affitta la camera a Giovanna Mezzogiorno e al suo misterioso fidanzato: superficiale e invadente, sembra provocare una misteriosa alienazione. Evitabile, ma c'è molto di peggio.

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