Regia di James Gray vedi scheda film
I padroni della notteè una pellicola della durata di un’ora e cinquantasette minuti del 2007, presentata in concorso al festival di Cannes.
Opus n. 3 di James Gray, attualmente nelle nostre sale col controverso Ad Astra con Brad Pitt, dopo il suo magistrale e indimenticabile esordio registico avvenuto nel 1994 con lo splendido Little Odessa, segna la seconda collaborazione artistica fra lo stesso Gray, Joaquin Phoenix e Mark Wahlberg a distanza di sette anni abbondanti da The Yards del duemila.
Se però in The Yards il principale interprete è stato Wahlberg, stavolta è toccato invece a Phoenix vestire i panni del protagonista assoluto.
Su sceneggiatura originale firmata da Gray stesso, I padroni della notte segue un canovaccio narrativo apparentemente scontato, ovvero ci presenta un’intricata vicenda d’imbrogli, affari sporchi, marcio e criminalità ambientata nella tentacolare e dedalica, lercia e corrotta New York.
Ma lo stile profondamente elegante di Gray, unito all’interpretazione d’un Phoenix al solito inappuntabile, magnetico e ispiratissimo, miscelato alla fotografia acquosa, osiamo dire quasi lividamente acquitrinosa e acrilica e a un montaggio d’alta, finissima scuola, ha reso I padroni della notte un capolavoro.
Trama:
per l’esattezza, il centro nevralgico dell’azione si concentra a Brooklyn. Ove lo spavaldo e intraprendente Bobby (Phoenix), fidanzato con Amada Juarez (Mendes), gestisce con successo un night club bazzicato perlopiù da cosiddetti tipi poco raccomandabili e frequentato soventemente da loschi e malfamati individui della mafia russa. Bobby è il fratello dello sbirro Joseph Grusinsky e figlio del lodato, veterano e pluridecorato capo della polizia Burt (Robert Duvall). Bobby però, essendo entrato in un pericoloso giro ove, come detto, gravitano ricercati personaggi che di professione fanno tutt’altro che i poliziotti, vivendo dunque una vita totalmente agli antipodi rispetto al fratello e a suo padre, ha deciso di cambiare il suo cognome in Green. Al che, a causa d’un rocambolesco destino fatale, raggirato da uomini infingardi che reputava amici, Bobby si trova al centro d’una spietata, tragica storia di vendetta.
Un film magnifico, retto da un’interpretazione straordinaria di Phoenix. Capace di passare da ilari espressioni di aperta felicità a torve occhiate minacciose sin a poderosi silenzi melanconici col solo potere delle sue linde iridi verdi ed enigmatiche, con la sola velocità imprendibile d’impressionanti battiti di ciglia e una recitazione prima allegramente isterica, poi celermente riflessiva e degna di Marlon Brando.
Un Phoenix che, in più d’una scena, appare anche un po’ sovrappeso. Ma sappiamo che per lui era un periodo d’eccessi, perfino scostumati, di droghe pesanti e di furibonde crisi esistenziali. Probabilmente però, paradossalmente, la sua recitazione altamente drammatica e visceralmente commovente, grazie alle sue turbolente, private trasgressioni ne ha positivamente giovato. Poiché, in virtù del suo viso a tratti gonfio e allucinato, in maniera forse involontaria, la sua performance nei panni di Bobby, dolente uomo tanto affascinante, carismatico, grintoso e combattivo quanto interiormente lacerato da cicatriziali conflitti psicologici lancinanti, ha acquisito maggiore introspezione psicosomatica, osiamo dire più rilevante fisiognomica beltà e aderenza al ruolo impressionante.
Dunque, in attesa dell’immediata uscita di Joker nelle sale italiane, vivamente vi consigliamo I padroni della notte, nel caso non l’aveste mai visto.
Un grande film con un Phoenix già da Oscar.
di Stefano Falotico
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