Regia di James Gray vedi scheda film
Resta in mente una superlativa interpretazione di J. Phoenix. Figlio ribelle, figliol prodigo dallo sguardo triste anche quando sotto l'effetto elettrizzante di una sniffatta di cocaina. In questo suo terzo lungometraggio J. Gray offre uno spaccato buio come la notte e come l'anima corrotta dei suoi protagonisti, della sua New York (Brooklyn nello specifico). L'invasione del gangsterismo russo nella Grande Mela riporta alle atmosfere intrise di smania vendicativa della mafia italiana portata sul grande schermo da F. F. Coppola e da M. Scorsese. Equilibrata la mescola di violenza e tenerezza, da un colpo di pistola in pieno volto alla mano di un fratello in lacrime che sfiora quella di un fratello vivo per miracolo. Gray, che richiama alla sua cinepresa l'accoppiata Phoenix & Wahlberg (dopo l'esperimento nell'apprezzabile The Yards), quest'ultimo però relegato in un ruolo da 'primo della classe' mortificante, che manda sprecato il talento dell'attore di Dorchester. Molto meglio il grande R. Duval al quale, in ogni caso, bastano tre espressioni per guadagnarsi l'applauso. Rende bene nei panni dell'anziano capo della polizia, innamorato di una professione che lo trascina di continuo all'inferno e di due figli tanto diversi da volerli salvare entrambi come beni preziosi e rari. In appoggio è efficace, come quasi sempre, la bellissima (e la prima scena ne è prova inconfutabile) e brava E. Mendes. Film duro dall'inizio alla fine. Nella sceneggiatura gli appigli per sdrammatizzare sono inesistenti. Pecca di qualche calo di tensione e di alcune scene troppo allungate. Ma l'attenzione di chi guarda non si smarrisce e alla regia sono perdonate le poche défaillance.
Voto 6,8.
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