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Non è un paese per vecchi

Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film

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La recensione su Non è un paese per vecchi

di lussemburgo
8 stelle

Non è un paese per vecchi, l’America, dove la violenza entra pervasivamente in ogni interstizio della società, sabotando la convivenza, trasformandola in rapporti di forza e di sopruso regolati dalle armi, come se l’epoca del Far West non fosse mai terminata. Nelle sconfinate lande desertiche del Texas, trafficanti di droga e killer prezzolati si sparano, massacrando ignari testimoni o passanti ingombranti. La violenza chiama violenza, le pistole circolano con eccessiva libertà e il tempo sembra sostare. Sebbene l’azione si svolga nel 1980, il film sembra ambientato oggi (a parte l’assenza dei cellulari e della tracciabilità elettronica degli individui) tanto che il riferimento al Vietnam potrebbe facilmente essere sostituito con il più attuale Iraq (o Afghanistan). È un mondo di reduci, militari ed esistenziali, che hanno smesso la divisa ma non le armi, parte integrante di ogni rapporto interpersonale. È un film fatto di duelli - all’occorrenza declinabili in massacri - e di inseguimenti che si tramutano in sparatorie, abitato da personaggi umanamente spessi e credibili, sebbene mai nettamente positivi, che occupano concretamente lo schermo prima di essere eclissati da una pallottola o da una raffica letale. Un’umanità varia che si arrabatta a sopravvivere in un mondo arcaico e primitivo dominato da pistole e fucili. Ognuno ha le sue ragioni, ma l’insieme ha perso i connotati di un disegno intelligibile, sopraffatto dall’uniformità degli schizzi di sangue che cola in rivoli discontinui che tutto tingono di porpora, addensandosi in una informe massa appiccicosa di corpi privi di vita e vite prive di colore. La violenza è amplificata nei colpi d’arma da fuoco che riecheggiano tra impassibili canyon, scenografie naturali o costruite dall’uomo che rimangono indifferenti alle tragedie che vi trovano luogo.
Dopo molti western crepuscolari di altri autori, l’ultimo film dei Coen è un western al crepuscolo della morale, tinto di noir e gore, ieratico nei dialoghi e nell’incedere dei lunghi e lenti tempi narrativi, impreziosito da una regia millimetrica e sarcastica che riesce a vedere l’umorismo nella disillusione di un ritratto disperato. La violenza è evidente, il sangue in vista ma l’elegia di un mondo al tramonto riesce a penetrare lo schermo affidandosi al punto di vista dello sceriffo stanco e inorridito, un Tommy Lee Jones che eredita il peso dei suoi ruoli precedenti e scopre la speranza avvizzire nella brutalità, la serenità rifugiarsi nei sogni affollati da personaggi malevoli e inquietanti, lupi cattivi che assediano e divorano ogni Cappucetto Rosso. Il film risponde a Fargo, barattando le distese innevate per fondali assolati, ma rinuncia alla speranza inscritta nella maternità della protagonista per la stanchezza nostalgica del vecchio uomo di legge che sceglie la pensione per non affrontare la crudeltà, che comunque si incide nella carne e insinua nella mente. Seguire i rivoli di sangue dell’indagine è fin troppo facile, ma porta solo a tappe della via crucis del dolore per una pacifica convivenza perduta, di quando un senso era individuabile e auspicabile e che ora sfugge e si inabissa.
Coerente con sé stesso, senza principi morali condivisibili ma mosso da un singolare codice di logica pragmatica, solo il killer di Bardem avanza inesorabile falciando esistenze. Questo terminator senza umorismo né dubbi concede spesso alle vittime un ultimo libero arbitrio nell’affidarsi al caso (testa o croce) e, a volte, salvarsi, dà loro la licenza di decidere quando morire, se subito o in seguito. E ognuno, nel bene o nel male, opera una scelta, delibera quale strada imboccare, e l'assassino agisce di conseguenza, punendo o premiando. È una figura astratta, un puro meccanismo omicida di solida efficacia che macella vittime sparando proiettili ad aria compressa. Non né un paese per vecchi: è un mattatoio ormai, una catena di montaggio di carne non più viva mirante al profitto, a quei soldi che muovono tutto e danno l’incipit ad una narrazione che nasce e muore nel sangue sparso e disperso per le strade d’America. Il killer rimane indifferente e disinteressato, occupato solo a distribuire la morte o la temporanea clemenza, inarrestabile e altero, estraneo all’umano sterile affanno.

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