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Non è un paese per vecchi

Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film

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La recensione su Non è un paese per vecchi

di maurizio73
6 stelle

Un adattamento quasi filologico che si rivela tale soprattutto nella scelta di un'ambientazione eterotopica come quella del confine tex-mex, con i suoi orizzonti sconfinati privi di riconoscibili riferimenti cardinali e con i suoi intercambiabili insediamenti urbani la cui ubicazione trova un senso solo nella reciproca disposizione topografica.

Una valigetta con un paio di milioni di dollari sottratta dalla scena di uno scontro tra cartelli in cui si imbatte casualmente nel deserto texano, costringe Llewelyn Moss a sfuggire alle attenzioni di un implacabile sicario psicopatico. Le scelte dell'uomo si ripercuotono su quelle della moglie obbligata a rifugiarsi altrove e dello sceriffo della contea che si avventura in una infruttuosa caccia all'uomo, sempre un passo indietro rispetto all'inafferrabile fantasma cui da la caccia.

 

Non è un paese per vecchi, attori, regista e riassunto del film

 

Eterotopie del massacro

 

Il tema del caso e del destino, facce della stessa medaglia di una condizione umana schiava del perverso meccanismo innescato alle proprie passioni, esplorato dai fratelli Coen nel loro precedente trittico (Blood Simple, Raising Arizona e Fargo) incontra qui felicemente la poetica della nuova frontiera di un grande romanziere americano, capace di disclocare la propria visione antropologica sulle grandi forze motrici della storia dell'uomo sullo snodo liminare di un non-luogo di confine e sul volgere di un passaggio generazionale che non fa altro che rinnovare un cupio dissolvi vecchio come il cucco. Se la lettura a più livelli della novel di McCarthy mette in rilievo in modo preminente una dinamica preda-cacciatore destinata più volte a ribaltarsi e più ancora le tematiche morali che impongono all'attenzione dell'uomo la presenza del male del mondo (qui incarnate dal killer sulfureo impersonato da Bardem e dotato di un codice etico che nella sua apparente insensatezza tenta di dare un ordine al caos o di assecondarne comunque l'arbitrarietà), l'adattamento quasi filologico dei fratelli Coen si rivela tale soprattutto nella scelta di un'ambientazione eterotopica come quella del confine tex-mex, con i suoi orizzonti sconfinati privi di riconoscibili riferimenti cardinali, con i suoi intercambiabili insediamenti urbani la cui ubicazione  trova un senso solo nella reciproca disposizione topografica e con la infinita teoria di motel tutti uguali a punteggiare il margine estremo di periferie suburbane che gli infiniti rettilinei di anonime interstatali raccordano tra loro. Un non-luogo si diceva, che come tutte le zone di frizione geografica e culturale rappresentano superfici di faglia dove le tensioni si accumulano fino all'inevitabile punto di rottura, dove il rispetto delle leggi diventa un concetto estremanete fluido e dove persino i mezzi di offesa o di difesa sono eterodossi o anticonvenzionali (pistole ad aria, silenziatori artigianali, fucili accorciati col seghetto) a testimonianza di una vera e propria singolarità topologica, un luogo dove reale ed irreale (iperreale) si mescolano inestricabilmente e dove una serie di personaggi dall'indefinito pedegree professionale (ex reduci, ex militari, scagnozzi del cartello e battitori liberi) attraversano la scena ciascuno diretto al proprio inesorabile destino di sangue da un fato predeterminato da quello che sono stati in tutti i santi giorni che hanno preceduto il momento attuale ("Questa tua idea di ricominciare daccapo [...] Non si ricomincia mai daccapo. Ecco qual'è il problema, Ogni passo che fai è per sempre"). Due antagonisti speculari (uno spietato sicario che uccide sempre quando può ed un cacciatore-saldatore che evita sempre di farlo) e tra i due uno sceriffo con qualche incoffessato senso di colpa ed una conclamata disillusione ridotto al rango di spettatore (non incrocerà mai i due) sono i tre termini in cui si articola un discorso sull'illusorietà delle scelte e l'ineluttabilità di un destino di morte che come si diceva, lungi dal segnare il passo di una biasimata trasformazione generazionale, finisce per riproporre con ciclico nichilismo l'assurdità della condizione umana. Quattro Oscar per migliori film, regia, sceneggiatura (ai fratelli Coen ed al co-produttore Scott Rudin) e miglior attore non protagonista (Bardem, primo attore spagnolo a vincerlo) per un'opera che ha mancato la Palma d'oro a Cannes e che vanta un casting decisamente azzeccato per i ruoli disegnati dai personaggi di McCarthy; tra cui persino un come al suo solito gigione Woody Harrelsons figlio di quel Charles Voyde Harrelson, sicario ed autore dell'assassinio del giudice John Howland Wood la cui menzione trova eco tanto nel film quanto nell'opera letteraria. Quando si dice avere il destino nel sangue.

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