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Non è un paese per vecchi

Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film

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La recensione su Non è un paese per vecchi

di steno79
10 stelle

VOTO 10/10 Grande cinema. Potente epitaffio dei fratelli Coen, tratto dal romanzo di Cormac McCarthy, sulla fine del mito del West, sull’avidità e la bramosia di denaro che si alimenta in un circolo distruttivo portando all’inevitabile morte violenta (e qui si sente l’eco di Greed di von Stroheim), sulla perdita di riferimenti morali di un mondo dove non c’è più posto per gli old men, ma neppure per le persone oneste come lo sceriffo Tommy Lee Jones che vogliono interrompere la scia di cadaveri innescata da un regolamento di conti per impossessarsi dei soldi di una grossa partita di droga. Mi sembra che lo stile dei Coen abbia qui acquisito il massimo della concretezza e della trasparenza e si sia liberato di certe scorie intellettuali che si avvertivano soprattutto, fra le opere maggiori, in Miller’s crossino e in The man who wasn’t there, meno in Fargo (ma non posso dare un giudizio complessivo della loro filmografia, perché mi manca la visione di parecchi film). Non è un paese per vecchi funziona sia come disincantata riflessione esistenziale, sia come thriller, sia come western crepuscolare alla Peckinpah aggiornato alla crisi spirituale del nostro tempo. Le invenzioni visive sono numerose e spesso di alto livello, e fra di esse una delle più suggestive mi è sembrata l’apparizione spettrale del killer Anton Chigurh nella camera d’albergo ispezionata dallo sceriffo nel pre-finale, che lascia il dubbio sulla reale presenza o meno di Chigurh (è un’ambiguità voluta, che non stride in alcun modo con la sostanza dell’opera). Il personaggio di Chigurh rappresenta uno dei serial killer più inquietanti e memorabili dai tempi di Hannibal Lecter nel Silenzio degli innocenti, e alla sua perfetta definizione cinematografica contribuisce l’interpretazione di un eccezionale Javier Bardem; Tommy Lee Jones dà una performance asciutta e “prosciugata” di un rigore quasi bressoniano e Josh Brolin è adeguatamente accattivante nel ruolo dell’avido Llewellyn Moss; unica presenza femminile di un certo rilievo Kelly MacDonald, che lascia il segno soprattutto nella scena dell’incontro con Chigurh e nel dialogo sul libero arbitrio. L’estrema rarefazione stilistica di alcune sequenze praticamente “mute” gioca tutta a vantaggio dei Coen, raramente così padroni della materia narrativa e capaci di rivestire di risonanze inedite gli oggetti, il paesaggio desolato e i volti spesso insanguinati dei personaggi. Quattro Oscar per una volta ben dati, nell’anno 2007 che resterà memorabile per il cinema americano, in cui questo grande film concorreva contro il capolavoro di Paul Thomas Anderson There will be blood. Quale delle due pellicole era la migliore? Io propenderei per un ex-aequo.

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