Regia di Neil Jordan vedi scheda film
L’ambiguità sessuale è sempre un elemento di forte rottura. Un modo per cambiare le regole del gioco, per sconvolgere i punti di vista, per ribaltare le convinzioni, siano quelle della famiglia che della società in cui si vive. Ma non è detto che debba essere una cosa dolorosa.
Patrick Baden scopre sin da piccolo la sua inclinazione verso vestiti e scarpe da donna, crescendo, invece di nasconderla, la vivrà con estrema gioia e leggerezza, facendo del suo lato femminile la sua vera identità e diventando così Patricia Kitten Baden (uno straordinario, o sarebbe meglio dire straordinaria, Cillian Murphy).
Neil Jordan scrive e dirige una commedia vitale e delicata, dove i temi del travestitismo si sviluppano come opposizione alla pesantezza di problemi molto più gravi e anche assurdi, come quello della morale religiosa o delle bombe dell’Ira.
Infatti partiamo dalla cattolicissima Irlanda per arrivare alla Swinging London degli anni sessanta, territorio già aperto ai nuovi costumi dei giovani, a partire dai gusti sessuali per arrivare all’uso delle droghe.
La narrazione è veloce e fluida, sorretta da una divisone in piccoli capitoli (come in una sorta di irriverente diario) che ne costruisce il ritmo, insieme ad un uso emotivo della musica che sottolinea sempre i momenti in cui il cuore di Kitten inizia a battere più forte per qualcosa che sta vivendo. La musica è centrale in questo film. (Ri)costruisce lo spirito di quel periodo (e cosa se non la musica potrebbe farlo?) e aiuta la narrazione a scorrere nella giusta maniera.
La storia di Kitten è anche quella della ricerca della propria madre. La donna fugge a Londra dopo aver abbandonato il figlio (l’unico ricordo di Kitten è quello che gli viene raccontato da un prete) e diverrà il nucleo centrale della sua fervida immaginazione. Ci sono un paio di momenti in cui Patricia deve scrivere; un tema in un caso, una confessione alla polizia nell’altro. In queste occasioni si sbizzarrisce tutta la sua capacità immaginativa, in cui la realtà delle cose viene riletta attraverso la sua visione del mondo e allora tutto si trasforma, le persone diventano attori del suo teatro mentale, il mondo impazzisce e diventa grottesco. Per questo ci fa ridere e per questo non può farle male.
Infatti Kitten racconta la sua storia come fosse quella di in un altro, proprio per non soffrire. Affronta la vita in maniera ironica e leggera come forma di rivolta e difesa verso tutto quello che la vita stessa trasforma in odio e oppressione. E allora non hanno più importanza gli scontri tra inglesi e irlandesi, che rimangono sullo sfondo (e che il regista aveva affrontato già in film più impegnativi come La moglie del soldato e Michael Collins), non hanno importanza i metodi brutali della polizia, gli incontri sbagliati che si fanno, perché tutto può insegnare qualcosa e tutto si può superare. Perché tutto, come in un sogno, può essere come tu lo vuoi, se hai il coraggio di essere te stesso fino in fondo. E Kitten allora decide di vivere così, nella propria unicità, non sentendosi mai, nemmeno per un attimo, diversa o sbagliata, ma solo portando avanti, fino alla fine, quello che sente dentro, la sua vera natura.
E allora all’interno di un peep show in cui è andata a lavorare (in una scena che ricorda molto quella finale di Paris, Texas di Wenders) arrivano delle verità, proprio quelle che per tanto tempo aveva cercato. E allora il tentativo di riabbracciare la madre (che tra l’altro riuscirà a vedere) si trasforma nella riscoperta del proprio padre. La famiglia si trasforma e diventa quanto di più lontano dai nostri canoni. La famiglia diventa quella delle utopie degli anni sessanta, una comunità di persone che vogliono vivere tra di loro. Dove i ruoli di padre e madre e figli esistono ancora ma non debbono essere per forza di cose quelli biologici. L’immagine iniziale e quella finale di Kitten che va in giro con una carrozzina con un bambino (il figlio è quello di una sua amica) è emblematica e toccante allo stesso tempo.
Breakfast on Pluto è un film che attraversa soprattutto le nostre emozioni, le sa prendere nel modo giusto, le porta in altro attraverso Kitten e la musica e poi ce le rimanda dentro depurate da tutte le schifezze che di solito ci rimangono attaccate. Film come questo sono come una mano che ti accarezza e ti rassicura. Una voce che ti sussurra la bellezza della vita. Forse tutto quello che la stessa Kitten, cercando per se stessa, è riuscita a donare a noi.
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