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La città proibita

Regia di Zhang Yimou vedi scheda film

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La recensione su La città proibita

di ROTOTOM
8 stelle

C’è del marcio in Cina. La dinastia Tang, X secolo, è alle corde, provata dalle divisioni interne della famiglia imperiale nonostante l’Imperatore (l’immarcescibile Chow Yun Fat) tenti da anni alla vita della spettacolare Imperatrice (Gong Li, di imbarazzante bellezza), madre di due dei suoi tre figli, facendole ingurgitare dal medico imperiale un intruglio chiamato beffardamente Rimedio, in grado di mandarla fuori di senno. Il tutto confezionato in una maestosa cornice scenografica, un trionfo di colori caleidoscopici, complessità cromatiche e ricchezza di costumi da lasciare interdetti. Il barocchismo spinto degli arredi e delle vesti si fonde alle affettate movenze degli attori trasfigurati in bambole, decadenti simulacri di discendenza divina in ostaggio della manifestazione ostentata e opulenta del potere che rappresentano. La tragedia Shakesperiana che Zhang Yimou mette in scena ricalca le vicende di Re Lear, tra tradimenti, incesti, segreti incoffessabili e passioni in attesa di deflagrare una volta allentati i rigidi rituali di corte. Non è un Wuxia, un cappa e spada in effetti, il tema centrale è quello del melò, degli amori intrisi dalla consapevolezza della tragedia imminente, in cui la morte rivesta la centralità degli eventi. Il regista tesse le trame come l’Imperatrice organizza il tradimento del consorte durante la festa dei fiori dorati, spinge sull’estetica mutuata da La foresta dei pugnali volanti e scopre piano piano un calderone putrescente di rancore e vendetta culminante con la spettacolare battaglia finale. La sontuosità delle scene di massa è stupefacente come i combattimenti corpo a corpo posseggono la delicatezza stilistica e la coreografica eleganza del ballo che nobilita la necessità della morte. L’imperatore rimane solo alla fine sulla sommità dell’elaboratissimo palazzo imperiale, dopo aver visto la morte dei figli, mentre tutto il sangue dei nemici traditori viene lavato via e sostituito da una distesa di fiori gialli dorati, crisantemi, mentre la dinastia Tang senza più eredi è destinata alla fine. Oro e rosso i due colori dominanti che impregnano ogni fotogramma del film di sentimenti contrastanti, fazioni avverse che si sfidano di sguardi compressi nei rituali di corte, amori licenziosi osteggiati. Splendido film, dall’impatto visivo devastante e nonostante la trama abbastanza semplice, nobilitato da attori di razza. Su tutti i due interpreti, un mefistofelico Chow Yun Fat che si dimostra film dopo film uno degli attori orientali di maggior spessore e Gong Li che seduce e muore con la delicatezza eterea di un arcobaleno di colori.

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