Regia di Zhang Yimou vedi scheda film
Con lo sfarzoso e abbagliante "La città proibita" Zhang Yimou chiude in pratica la sua trilogia dedicata al cappa e spada orientale che un po' ovunque ha tanto avuto successo in questi ultimi anni.Ma a differenza di "Hero" e "La foresta dei pugnali volanti" in verita' qui non siamo in presenza di un wuxiapian in senso stretto. E qualcuno, specie coloro che conoscono di Yimou solo questi ultimi film, probabilmente se ne rammarichera'. I combattimenti infatti questa volta sono molto meno numerosi (e tutti o quasi relegati nella straodinaria parte finale del film) e comunque messi in secondo piano (nonostante la loro sempre forte spettacolarita', si pensi alle sequenze e alle coreografie degli scontri nel canyon) rispetto alle intricate e melodrammatiche vicende di corte. A ben guardare "La città proibita" rimanda dunque piu' da vicino (senza pero' raggiungerne la medesima intensita') a "Lanterne rosse", vero capolavoro di Yimou. Perche' in effetti l'azione si concentra a lungo e teatralmente all'interno dei corridoi dello sfavillante ed immenso palazzo reale. Ed e' qui, come anche allora, che il regista orchestra abilmente un dramma intimistico, quasi una tragedia dal sapore shakespeariano. Cinema elegante, visivamente di enorme impatto, sempre sontuoso e sfavillante dal punto di vista scenografico e coreografico, ma dal respiro quindi (almeno nelle intenzioni) piu' classico. Tuttavia pur non essendo quel calligrafico esercizio di stile che apparira' a qualcuno, "La città proibita" non riesce ad appassionare quanto il regista avrebbe voluto. Sicuramente colpisce meno al cuore del precedente e magnifico "La Foresta dei pugnali volanti ". Questo nonostante il valore aggiunto dato dai 2 protagonisti/antagonisti sia molto forte. Veramente grande e' infatti l'interpretazione di Chow Yun-Fat (...e' qui che lo potete veder recitare veramente, non certo nell'ultimo deludente "Pirati dei Caraibi - Ai confini del Mondo"...) imperatore cinico, crudele e fortemente carismatico. Sublime e magnifica (al solito) Gong Li nel ruolo della vendicativa e incestuosa imperatrice, che costretta a vivere nella malattia in una claustrofobica prigione dorata medita vendetta. Pero' a non convincere alla stessa maniera sono innanzitutto i personaggi di contorno, al quale il regista e lo sceneggiatore non hanno saputo dare il medesimo vigore e che a volte anzi (vedi il medico di corte ) finiscono per avere toni quasi caricaturali . Qualche dubbio suscita anche il soggetto e lo svilupparsi della vicenda, anche perche' il montaggio non e' impeccabile e preciso quanto la messa in scena. All'inizio c'e' poi da parte del regista un eccesso di spiegazioni, quando sappiamo bene che per ben delineare certi sotterfugi, per non parlare di certi legami d'amore, bastano pochi incroci di sguardi. Il linguaggio del corpo sa parlare benissimo da solo...Ma nonostante alcuni difetti, tutti coloro che amano Zhang Yimou non possono mancare l'appuntamento con questo film, capace comunque di regalare immagini di grande fascino e seduzione (tutti i duetti tra i due protagonisti, la strabiliante scena della battaglia finale all'interno del palazzo imperiale e ancora quella subito successiva, in cui i migliaia di crisantemi giallo oro, calpestati e distrutti durante il sanguinoso scontro, sono prima tolti di mezzo e poi subito rimpiazzati, perche' cosi' esige da tradizione la "festa"...) . E poi come non rimanere sedotti dalla prova di Gong Li, vera maestra di recitazione? VOTO 7,5
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