Regia di Sergej M. Ejzenstejn vedi scheda film
Mettere in ordine i singoli fotogrammi superstiti di quest'opera scomparsa dev'essere stato come infilare le multiformi perline di una collana. Il risultato è disomogeneo, pieno di salti e di contrasti che solo la fantasia può comporre in un motivo logico e coerente. Tuttavia - ciò che è più importante - ciascun pezzo è un gioiello a sé, tanta è la potenza visiva di ogni fermo immagine, che irradia la forza di una umanità viva e spontanea, afferrrata al volo, e racchiusa nei gesti e negli sguardi. Ogni inquadratura, più che il fugace passaggio di un'azione, coglie un attimo di dramma personale, di esaltazione popolare o di concitazione corale.
Qualcuno ha definito "Il prato di Bezin" il "fantasma" di un film; esso è invece, piuttosto, il "ricordo" di un film, che, una volta visto, non ti abbandona più. Forse perché questo collage di istanti riproduce esattamente la maniera frammentaria, eppure armonica, in cui le storie che ci scorrono davanti agli occhi si depositano per sempre nella nostra memoria.
Un capolavoro a cui il destino ha dato la forma di un miracolo.
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