Regia di Mohsen Melliti vedi scheda film
Le buone intenzioni sono sempre benvenute. La speranza è che poi queste si tramutino in solidi film. Non è il caso di Io, l’altro (già sul titolo si potrebbe spendere qualche parola: ma se il racconto è praticamente in soggettiva di Giuseppe, l’altro a cosa è riferito, se come tale è trattato soprattutto il compagno Youssef?), opera prima di Mohsen Melliti, girato a basso costo (e si vede) in mezzo al mare siciliano. Due pescatori (Giuseppe e Youssef), durante una trasferta in mare, mettono in discussione la propria amicizia (ma è vera amicizia?) e tolleranza etnico-religiosa per un evento dirompente: uno di loro, quello marocchino, sarebbe un terrorista ricercato in tutto il mondo. Ma sarà vero? Dalla morale alquanto ambigua, che mette in luce con disperata enigmaticità la debolezza dell’uomo occidentale di fronte alla follia dell’estremismo islamico, che si esprime col farsi giustizia da soli in nome del bene comune (?), sarebbe stato anche un buon racconto se non si fosse perso tra deliri simbolistici (pessima l’alterazione dell’immagine di Padre Pio con quella di Bin Laden, di sinistro gusto) e dialoghi didascalici e mosci, se avesse potuto avvalersi di una regia ispirata e da maggior ricerca psicologica. Così è risultato un prodotto perfettamente indicato per la televisione che non risponde alla domanda capitale che si era posto: qual è il modo per tollerare il prossimo, l’altro che non ha apparentemente niente a che fare con noi? Raoul Bova e Giovanni Martorana sono interpreti senza il carisma necessario per dare vigore e autenticità ai due protagonisti.
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