Regia di Billy Ray vedi scheda film
La falla del titolo originale è quella che Robert Hanssen (Cooper) ha creato per 25 all'interno dell'FBI girando ai russi segreti militari e indicazioni sulle spie americane. Nel 2000 al poco più che ventenne Eric O'Neill (Philippe) - nuova leva dell'FBI assai deciso a fare carriera nel Bureau - viene affidato il compito difficilissimo di incastrare Hanssen, le cui azioni di controspionaggio sono costate un mare di dollari al governo americano. Arruolato ufficialmente come portaborse e con l'indicazione di scovare le perversioni sessuali di Hanssen, O'Neill porta a termine il compito mostrando una formidabile intelligenza.
Dopo lo splendido L'inventore di favole, il regista Bill Ray si conferma autore accorto alla dialettica tra realtà e apparenza nella società americana. Se nell'opera precedente - tratta, come questa, da una storia vera - era la stampa a mostrare le sue falle, qui è addirittura l'agenzia investigativa più famosa del mondo. Non solo l'FBI è assai meno impermeabile di quanto si pensi, ma i suoi agenti somigliano a grigi impiegati ministeriali costretti a vivere in stanze spoglie e corridoi polverosi. Lontanissimo dall'iconografia di 007, il film di Bill Ray spinge sul pedale delle contraddizioni dell'american way of life: il cattolicissimo Hanssen va tutti i giorni a messa ma riprende segretamente i coiti con la moglie per metterli in rete ed è inguaribilmente misogino ("sono gli uomini che devono portare i pantaloni: non abbiamo bisogno di un'altra Hillary Clinton"). Diretto con stile molto classico e privo di fronzoli, affidato alla prova maiuscola di un Chris Copper assai carismatico, Breach è un dramma psicologico mascherato da film spionistico che ricorda il duello in astuzia de Gli insospettabili di Mankiewicz. L'unico neo è l'arruolamento nel casting di un Ryan Philippe che, pur bravo, con quella sua faccia anonima tutta acqua e sapone sembra appena uscito dal set de "I ragazzi del muretto".
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