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Breach. L'infiltrato

Regia di Billy Ray vedi scheda film

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La recensione su Breach. L'infiltrato

di FilmTv Rivista
8 stelle

Nel febbraio del 2001, a pochi mesi quindi dall'11 di settembre, venne svelato al mondo che lo stimato agente operativo dell'Fbi Robert Hanssen in realtà da lustri lavorava in gran segreto contro gli Stati Uniti. Il bel film di Billy Ray ricostruisce (despettacolarizzando) i tre mesi precedenti l'arresto, quando George W. Bush aveva da poco vinto le elezioni e si stava insediando alla casa Bianca al posto di Clinton e un giovane aspirante agente fu incaricato di sorvegliare Hanssen da vicino, facendogli da finto portaborse. Ciò che balza subito agli occhi mentre scorrono le prime immagini di Breach è l'atmosfera plumbea che si respira(va?) negli angusti (i più sfigati e lontani dal potere addirittura senza finestre: come Hanssen...) corridoi della sede del Bureau, davvero speculare a quella di Le vite degli altri. L'esistenza quotidiana degli "agenti segreti" assomiglia, infatti, nella stragrande maggioranza, alla sconfortante routine di un impiegato postale. James Bond è lontano, sui grandi schermi. Qui siamo in zone più filosofiche ed esistenziali, con domande (retoriche e scontate ma necessarie) tipo «Devo sapere se mi posso fidare», ironie quasi impercettibili (lo scambio delle foto sui muri Clinton/Bush; gli amori onanisticamente cinefili di Hanssen: Entrapment, La maschera di Zorro, Catherine Zeta-Jones...) e battute che fanno trasparire gli umori della prossima campagna presidenziale statunitense: «Detesto le donne coi pantaloni: il mondo non ha bisogno di un'altra Hilary Clinton... Gli Stati Uniti possono essere paragonati a un bambino muscoloso ma ritardato». Come suggerisce il padre del giovane: «Sali sulla barca, fai il tuo lavoro e torna a casa». Obama, insomma, dopo i recenti deliri imperialistici, dovrà volare bassissimo.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 21 del 2007

Autore: Aldo Fittante

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