Regia di Olivier Dahan vedi scheda film
https://www.youtube.com/watch?v=Q3Kvu6Kgp88
Quando si dice una gran prova d’artista!
Marion Cotillard si annulla totalmente e si trasforma in un corpo gracile e minuto, ma dotato di una voce colma di rabbia e di ruvidezza (Wikipedia); un talento vocale immenso, assoluto (barabbovich); l’impareggiabile Édith Giovanna Gassion (in arte Édith Piaf).
Ed il film di Olivier Dahan rappresenta - come un ritratto un po’ impressionista ed un po’espressionista - l’intera parabola tracciata da questo astro del cielo (eppure così ben riflesso nelle acque limacciose di questa Terra). Il ritratto di una persona unica e controversa, eppure un ritratto scevro di divismo e di ogni traccia di leggenda (OGM).
Una vera regina del palcoscenico; una vera artista (nel bene e nel male).
Un diamante tanto inestimabile quanto grezzo e sgraziato.
Una marionetta in balia dei suoi istinti e della sua verve eccentrica e contagiosa. Della sua passione travolgente e funesta. Del suo carisma votato all’eccesso ed all’autocompiacimento.
La vie en rose risulta, quindi, la confessione fiume della vita di una stella pulsante, dall'aspetto stranito ed implorante, che reca in sé, in maniera quasi prepotente ed ostentata, i segni dell'asprezza della vita, che né il successo, né la fama, né il denaro hanno potuto mitigare (OGM).
Il film ha, dunque, il grande merito di far emergere, dalle nebbie dell’oblio e del tempo, una stella indiscussa del XX secolo, scomparsa prematuramente nei primi anni ’60 ma già artefice di opere immortali come la sua icona. E lo fa, per l’appunto, grazie all’interpretazione magistrale (premiata - anche - con l’Oscar) della Cotillard, oltre che mediante una ricostruzione scenografica eccellente.
https://www.youtube.com/watch?v=Fgn8gZHJZzA
Tuttavia, che il raccordo fra i diversi segmenti di una vita intensissima non sia stato affatto semplice (quando le esperienze memorabili sono molte e gli eccessi troppi il romanzo di una vita esuberante e sregolata non può che soffrire le restrizioni imposte dalle esigenze cinematografiche) si evince con troppa facilità. Pleonasmi e ridondanze sono lussi che il film si concede un po’ troppo spesso (senza, peraltro, che su taluni snodi narrativi venga fatto un minimo di chiarezza), anche per via di un continuo tira e molla (talvolta ben storicizzato, altre volte proprio no) fra epoche (e stati d’animo) diverse. Ma, del ticchettio cronologico, che porta la vicenda avanti e indietro nel tempo senza un preciso filo conduttore (barabbovich), il film risente davvero un po’ troppo di tal che, alla lunga, questa volontaria incertezza di scrittura (e di registro) mostra la corda.
Poco più che dettagli, ad ogni modo, che non inficiano il valore complessivo dell’opera. Certamente meritoria.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta