Regia di Olivier Dahan vedi scheda film
«Non credo che l'essere infelici sia un prerequisito per essere grandi artisti, o anche solo artisti. Al contrario, si deve far di tutto per non essere infelici», ha detto Olivier Dahan a proposito della protagonista del suo film, La vie en rose. Protagonista imponente, anche se fragile, e tale da incutere timore a qualsiasi cineasta: Edith Piaf, icona della musica, minuta, nervosa e presto minata nel fisico, ma dotata di una delle voci più appassionate e appassionanti del mondo. Nacque povera, crebbe in un bordello, fu cieca per un periodo dell'infanzia, cantò per strada, finì in galera. Ma la sua voce era irresistibile, e "la Môme" (la ragazzina, titolo originale del film) divenne un mito. Visse, amò, si drogò, ebbe un sacco di batoste dal destino, morì giovane. «Je ne regrette rien», dice una delle sue canzoni più celebri, drammatico inno alla vita e traccia ideale di un film che insegue la donna al di là degli stereotipi dell'artista ma, quasi inevitabilmente, non riesce a non farsene catturare: un po' troppo "mimetica" l'interpretazione di Marion Cotillard, un po' troppo di maniera certe ricostruzioni. Ben costruito sui flashback, La vie en rose ha il coraggio di rischiare sul mélo ma, a volte, si lascia prendere la mano dagli effetti e ricade nel luogo comune che vuole sfuggire.
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