Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film
Primo lungometraggio di Stanley Kubrick, e primo approccio del grande regista alle tematiche della guerra, riprese ampiamente nei successivi Orizzonti di Gloria, Full Metal Jacket, e pure in Dottor Stranamore.
Un film concettuale dove la guerra, il suo svolgimento, le sue dinamiche, sono messe in luce senza curarsi di definirci un luogo d'azione né tantomento le identità delle due parti in antitesi.
Salvatisi da un atterraggio di emergenza, quattro soldati (un tenente, un sergente e due soldati semplici) devono percorrere uno spazio boschivo di circa sei chilometri per oltrepassare il confine nemico e mettersi in salvo.
Dopo un cammino in solitudine in quel non-luogo, discorrendo a sviluppare congetture, scorto un casolare in lontananza, decidono di assaltarlo e, dopo aver ucciso tutti gli occupanti, presi alla sprovvista mentre rilassati si apprestavano a cenare, ne approfittano per rifocillarsi. Al mattino dopo prendono in ostaggio una bella ragazza, che tuttavia non li comprende, parlando idiomi differenti. Affidata al più giovane ed instabile dei quattro, la donna cerca di fuggire dopo aver indotto l'uomo a slegarla, convinto di averla sedotta: nella fuga la donna muore a causa di uno sparo, e l'assassino, il ragazzo giovane, gfugge come un folle nella boscaglia.
Gli altri scorgono un altro punto di forza nemica, che custodisce un aereo e mentre uno dei tre, costruita una zattera di fortuna, si fa notare per distrarre il nemico, gli altri due invadono la postazione, uccidendo il nemico ed impossessandosi dell'aereo per far ritorno alla base.
Kubrick inizia a ragionare sulla brutalità insensata che contraddistingue il mestiere di soldati, ed accentua l'assurdità della violenza insita nello scontro, non rivelandoci volutamente alcun indizio sui connotati dei due popoli belligeranti.
Una guerra universale, che potrebbe costituire la base di una lucida analisi a tavolino della brutalità che da essa ne consegue.
Attori poco noti, se si eccettua Frank Silvera e soprattutto il regista Paul Mazursky, ma efficaci nella freddezza del loro agire a comando e sotto riflesso degli istinti guerrafondai ed assassini propri del contesto.
La costruzione delle scene appare modernissima per quei tempi: una gran freddezza di fondo, l'assenza di carica melodrammatica fuorviante, e soprattutto un approccio insolito che mette in risalto la naturale, disinvolta sensualità che traspare dai comportamenti della prigioniera, che freddamente si concede a sguardi nemici, lecca servilmente la mano del più giovane per tentarlo con le proprie grazie, disposta a tutto, anche a venir platealmente palpata senza remore dai soldati, pur di cercare di trovare una via di fuga; ma ancora e soprattutto la rappresentazione del dolore e dello sforzo risultanti dalle azioni di battaglia: bocche deformate dal dolore, bava che cola, omicidio a sangue freddo e senza alcun atto di eroismo, ma anzi esecuzioni eseguite con brutale codardia: tutto appare con una verosimiglianza spiazzante che in pieni anni '50 non riusciva con facilità ad arrivare ad essere rappresentata, soprattutto nelle molte produzioni hollywoodiane a gran budget prodotte dalle grandi majors.
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