Regia di Mario Bianchi vedi scheda film
Nel vecchio west un serial killer comincia a colpire la notte di Halloween, armato di un poderoso coltello. Lo sceriffo Bill non sa da che parte farsi, finchè alcuni testimoni di un omicidio concordano nell’aver riconosciuto l’assassino: è proprio lo sceriffo.
Per essere l’opera prima di Mario Bianchi, qui con lo pseudonimo Frank Bronston, In nome del padre, del figlio e della Colt non è neppure un brutto risultato; certo, è uno spaghetti western fuori tempo massimo e soprattutto una pellicola di evidente fattura poveristica, ma si tratta in ogni caso di un lavoro onestamente realizzato senza grandi ambizioni e che a suo modo lascia una piccola impronta all’interno del filone più sfruttato nella storia del nostro cinema. L’idea di partenza, come se poi ce ne fossero altre, è infatti quella di inserire i meccanismi del giallo all’interno del western all’italiana: ci sono la violenza, per quanto più simulata che mostrata, i morti ammazzati e il desiderio di vendetta, ma anche un misterioso colpevole di cui seguire le tracce, con tanto di sorprendente rivelazione nella parte finale della trama. Il ritmo è francamente blando ai massimi livelli e la recitazione non è granchè, essenzialmente per via di un cast che annovera fra i suoi elementi di maggior spicco Craig Hill, Francisco Brana, Agata Lys, Nuccia Cardinali, Francisco Sanz e Lorenzo Piani. Coproduzione fra Italia e Spagna con sceneggiatura di Arpad DeRiso e Mario Gariazzo. 3/10.
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