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Il poliziotto è marcio

Regia di Fernando Di Leo vedi scheda film

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GIMON 82

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il poliziotto è marcio

di GIMON 82
10 stelle

"Io facevo i miei film,si facevano i poliziotteschi all'italiana e due tre grossi registi,non voglio fare i nomi,si facevano l'aureola con Sciascia.Pero',chi ha avuto i picciotti sotto casa,i film sequestrati e le querele dei ministri, sono stato io,non quelli che si facevano l'aureola con Sciascia.-genio al quale mi prostro.Quando io faccio il "Poliziotto è marcio",non faccio "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto".Che puo' essere un film migliore del mio,non dico di no,ma li abbiamo a che fare con un nevrotico,chiaro?mentre nel mio film abbiamo a che fare con un poliziotto che si fotteva i soldi: ed è questo che è rivoluzionario,non quello"
Fernando Di Leo.

Era un autore il maestro Di Leo,e il suo pensiero la dice lunga sul suo cinema.Bistrattato e sottovalutato dalla critica (da lui odiata), rivalutato quasi post mortem,con tanto di requiem "Tarantiniani".Genio o artigiano da cinema "bis"? Di sicuro ha segnato un epoca,è stato precursore del genere poliziesco italico,denominato volgarmente dall'intellighenzia "poliziottesco".E' purtroppo lungi da ogni cosa fare di questo cinema una materia di studio,seppur considerando il periodo in cui era in voga.Ma ritengo oggettivamente di ritrovarci dinanzi a "perle" di cinema "bis",surclassate (forse) a ragion veduta dai ridondanti Petri,Damiani o Rosi.Il contesto italico era quello "settantiano",contestativo e rivoltoso, con la polizia fascistoide alle calcagne.E' in questo clima che vede la luce "Il poliziotto è marcio",sugli schermi aveva furoreggiato il commisario nevrotico di Volontè e Petri.Colluso piu' da se stesso che da organi di potere,ed è qui che ci aveva visto bene Di Leo,il poliziotto Volontè era un nevrotico,impotente organico,dissimulato all'interno del sistema.Petri realizzo' un capolavoro Kafkiano,un imponente affresco sull'impunita' pullulante negli organi di potere.Di Leo invece utilizza armi corrosive,(data la sua ideologia politica),parla chiaro,offre un quadro lucido e nichilista.Partiamo dal personaggio:Domenico Malacarne,cognome in cui sono scritte le tracce d'un male impresso in sè.E' un poliziotto in gamba,affascinante,un "integrato" nel sistema,un immagine falsamente edificante.Ma sono le apparenze a salvare la faccia,Malacarne è marcio,intasca mazzette ed è colluso coi boss.Contrapposto a lui vi è il padre,un maresciallo dei carbinieri che adula il figlio,quasi subendone l'ascendente.IL padre e il figlio,con l'anziano carabiniere  integgerimo,ed il figlio laido e corrotto.E' un quadro da trascendenza sociale quello del Di Leo,affidandosi all'ottimo senso tecnico,con inseguimenti,sparatorie e rapine,il regista pugliese coglie sfumature ed angolazioni di luoghi e personaggi,illudendoci dall'inizio.Ci illude col buonsenso del bel Malacarne,dal suo senso della giustizia e del dovere.Se il Volontè di Petri si presenta dall'inizio per quello che è,il Malacarne di Di Leo si nasconde.Si offre a noi nella meta' del film,col suo male imperante,intriso di edonismo.Il rapporto edipico col genitore è quasi falsato,qui la regia abbonda nel realismo estremo,in pura chiave emozionale e coinvolgente.Fa male vedere un anziano carabiniere deluso e schifato dal suo erede,fa male vedere un organo di protezione sociale miscelato all'illegale.Ma il marciume è ovunque e ci viene sbattuto in faccia,crudelmente e senza accenni retorici.La societa' narrata dal Di Leo si nutre di romanzi noir,di cui l'autore del film era avido lettore.Letteratura anni 50 dell'autore William P McGivern di citta' sporche e pruriginose di sangue e malavita.Di Leo accoglie scampoli di lettura compiaciuta,la forma a suo modo,nell'"artigianalita'" del suo cinema.Organizza cosi' un film serrato,su sfondi sociali negativi.Critica apertamente l'organo di potere,  facendolo ad alta voce,portando con se ampie materie riflessive.Il "Poliziotto è marcio" si veste come anatema  politico,travestito da noir e action movie.Di Leo offre una superba opera,nuda e dura,senza sconti,si basa su grandi prove attoriali.Luc Merenda come Malacarne jr è ottimo,fascinoso e ridondante d'insensibile cinismo.Ma è Salvo Randone a fare la differenza,superlativo nel dar voce ad un maresciallo dei carabinieri,incorrotto e deluso da un figlio "malacarne".Da menzionare l'ottimo spunto caratterista di Vittorio Caprioli nei panni d'un pittoresco emigrante napoletano.E infine Milano,ancora una volta lei,la citta' lombarda come teatro di malavita e sbirri sottobraccio.La meneghina citta' è sporca e tetra come in un fumetto criminale,un ritratto "settantiano" visto innumerevoli volte,che a distanza di quarant'anni è immortale nelle pellicole "bis",dure,sporche e cattive ma irrimediabilmente dal fascino sinistro e marcio,molto marcio.........

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