Regia di Fernando Di Leo vedi scheda film
Uno dei più crudi polizieschi italiani scritto e diretto, con solida mano, dal grande Fernando Di Leo. Un film dal ritmo incalzante, ricco di scene usualmente estranee al genere per quanto crude, impreziosito da personaggi secondari di grande carattere (Caprioli, Conte e Randone). Ottima, come sempre, la cinematografia di Franco Villa.
Milano. Dietro la facciata di impeccabile tutore dell'ordine, Domenico Malacarne (Luc Merenda) in realtà traffica con i boss malavitosi della città, coprendone le attività illecite e passando informazioni riservate. I suoi referenti sono Pascal (Raymond Pellegrin) e Mazzari (Richard Conte), titolari di un'agenzia di import-export a copertura del loro commercio criminale. Coinvolto in operazioni illegali di lieve entità, tipo lo spaccio di sigarette e di caffè, a Domenico viene richiesto un ulteriore, più impegnativo, servizio a tutela di un traffico d'armi. Quando un napoletano, il cavalier Esposito (Vittorio Caprioli), si reca alla caserma dei carabinieri per fare un esposto di poco conto, segnalando un'auto targata Svizzera parcheggiata di fronte al suo cancello (che gli ha impedito di uscire di casa), Domenico scopre che quella macchina è stata utilizzata per compiere un delitto. Il mandante è Pascal, che subito chiede al poliziotto corrotto di rimediare, facendo sparire la denuncia. Il problema è che il verbale, protocollato, è stato redatto dal maresciallo Malacarne (Salvo Randone), il padre di Domenico.
"Quando io faccio 'Il poliziotto è marcio', faccio la storia di un poliziotto marcio. Non faccio 'Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto', che può anche essere un film migliore del mio, non dico di no, ma lì abbiamo a che fare con un nevrotico. Nel mio film abbiamo a che fare con un poliziotto che si fotteva i soldi. Ed è questo che è rivoluzionario, non quello." [1]
(Fernando Di Leo)
Film nerissimo, che si pone al seguito della "trilogia del milieu" (Milano calibro 9, La mala ordina e Il boss) ispirata dai romanzi di Giorgio Scerbanenco e diretta da Fernando Di Leo (1932 - 2003), che in questo caso figura anche in ruolo di sceneggiatore, all'opera su un ottimo soggetto scritto da Sergio Donati [2]. Il poliziotto è marcio, salvo un inizio piuttosto convenzionale, si stabilizza nello standard medio-alto della produzione tipica del regista. È un film dal ritmo serrato - merito anche del contributo di Luis Bacalov alla colonna sonora - che risalta per la perfezione delle acrobazie, in particolare gli spericolati inseguimenti automobilistici, dirette con grandissimo talento da Gilberto Galimberti, usuale stuntman collaboratore di Di Leo. In seconda unità è presente Franco Lo Cascio (alias Luca Damiano), braccio destro di lungo corso del regista, sin dagli esordi. Luc Merenda si adatta più per buona presenza che altro al ruolo, che avrebbe potuto benissimo essere interpretato da Maurizio Merli o Franco Nero (attori a loro modo interscambiabili) senza che la qualità del girato potesse subire ulteriori elevazioni verso l'alto. Alle sempre efficaci presenze di Richard Conte (ormai assuefatto al ruolo di boss malavitoso, cinico e spietato, tipo il Don Corrasco de Il boss) e di Luc Merenda (perfetto nella parte, paradossalmente in virtù della sua rigidità interpretativa) si aggiungono le memorabili caratterizzazioni dei personaggi secondari, tra i quali spiccano Vittorio Caprioli in un ruolo ironico, ma destinato a una tragica conclusione, e il grande Salvo Randone nei panni del maresciallo tutto d'un pezzo, integerrimo, distrutto dalla sconvolgente e brutale rivelazione del figlio. Il poliziotto è marcio offre un'esperienza di visione, pur a distanza di anni, totalmente immersiva e al tempo stesso disturbante, essendo impossibile immedesimarsi con qualunque dei personaggi in scena senza avvertire un senso di malessere e di disagio, destinato a progredire verso il pessimismo più puro nelle battute finali, quelle che restano impresse nella memoria e che caratterizzano uno dei polizi(ott)eschi più neri e sconsolanti di sempre.
Curiosità
Il carabiniere Curcetti, quello che si arrabbia con i due bambini che hanno scoperto un cadavere murato in un barile di cemento, è interpretato da Sergio Ammirata, regista e attore del film Sesso in testa (1974), una commedia sexy con Lino Banfi nella quale compare, in una breve particina, anche Fernando Di Leo.
Particolarmente intensa l'attività degli sponsor occulti, apparendo a ripetizione nel film manifesti, bottiglie ed etichette di: Punt & Mes, Fernet Branca, acqua Pejo, Campari e addirittura dell'imbevibile Dom Bairo.
Parola di Fernando Di Leo [3]
"Per Il poliziotto è marcio, il solo titolo fu trovato insultante. Il fatto che ci fossero i manifesti con il titolo 'Il poliziotto è marcio', sdegnò talmente i celerini, e naturalmente il Viminale, che io ebbi varie telefonate, con un tono minatorio tipo: 'Lei non si deve permettere...', a cui io rispendevo con parolacce, quali che fosse l'interlocutore, che doveva essere anche di alto grado. Mi attaccarono pure quando feci Brucia ragazzo, brucia (...) Dopo che il film fu assolto, feci mettere una pubblicità sui giornali: 'Finalmente la giustizia ha detto sì al sano erotismo.' Che era uno sfottò per tutti quelli che si erano incazzati, perché il film era stato assolto a Rimini da un pubblico ministero che fece la più bella critica che io abbia mai avuto su Brucia ragazzo, brucia."
Visto censura [4]
Il poliziotto è marcio passa in censura con visione interdetta ai minori di 18 anni, il 25 febbraio 1974, dopo che la produzione rifiuta di apportare i tagli richiesti.
Dal verbale allegato al n.o. n. 64039:
"Poiché l'interessato dichiara di non poter aderire alla proposta dei tagli, la Commissione esprime parere favorevole alla concessione del n.o. di proiezione in pubblico, con il divieto di visione ai minori degli anni 18. Tale divieto è in relazione, innanzitutto, alla tematica del film, che ha come protagonista un commissario di P.S. ed un suo dipendente che si lasciano corrompere da una banda di delinquenti al solo fine di appagare desideri di vita agiata e lussuosa; né alla conclusione del film si ha uno spiraglio di luce, poiché al capo della banda ed al commissario uccisi subentrano altri da una parte e dall'altra decisi a perseverare nella losca ed illegale attività. A ciò si deve aggiungere che il film consiste in una serie ininterrotta di scene di violenze, alcune delle quali presentano carattere di particolare ferocia ed efferatezza."
Metri di pellicola dichiarata: 2595 (circa 94'40" su pellicola in 35 mm, uguale a 90'-91' su dvd o nei passaggi televisivi codificati PAL).
Una seconda commissione, datata 14 novembre 2012 (v.c. n. 106749), esprime parere favorevole al rilascio del n.o. per la proiezione in pubblico, senza più limitazioni per i minori.
NOTE
[1] Da "Il padrone del gioco", extra a cura di Nocturno cinema contenuto nel dvd RaroVideo.
[2] Sergio Donati, sceneggiatore di C'era una volta il West (Sergio Leone, 1968), spesso è stato - ed è ancora oggi, leggendo recenti articoli sul web - defraudato nel ruolo da Dario Argento (solo autore del soggetto in partecipazione con Sergio Leone e Bernardo Bertolucci) per errata attribuzione pubblicata su svariati libri di testo e enciclopedie online anche autorevoli, tipo la Treccani.
[3] Da "La seconda mano del gioco", extra a cura di Nocturno cinema contenuto nel dvd RaroVideo.
[4] Dal sito "Italia Taglia".
"Si tratta ... di un problema di aspettative. Tanto più una persona ritiene che il mondo circostante sia corrotto, tanto maggiore è per lui il costo di essere onesto e tanto minore quello di essere corrotto. Lo scopo della corruzione è proprio quello di sbilanciare le regole a favore dei corruttori, a tutto svantaggio degli onesti."
(Luigi Zingales)
Trailer
F.P. 03/06/2022 - Versione visionata in lingua italiana - DVD RaroVideo (durata: 90'21")
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta