Regia di Goffredo Alessandrini vedi scheda film
Viene considerato l’ultimo grande titolo diretto da Goffredo Alessandrini (uno dei più apprezzati registi del “ventennio”, che nel dopoguerra stentò parecchio a trovare una sua collocazione) ma, avendo questi abbandonato il set per “malattia” e inconciliabili divergenze con la produzione e l’attrice protagonista (Anna Magnani, per un breve periodo sua moglie), fu terminato da Francesco Rosi, mentre la scena della morte è addirittura opera di Luchino Visconti, e fra i tre aiuto registi si segnala un giovane Nanni Loy.
Soggetto e sceneggiatura sono principalmente frutto di un'attenta ricognizione storica compiuta tra gli altri da Enzo Biagi, e vi collaborarono parecchio anche Suso Cecchi D’Amico e la stessa Magnani, che riuscì ad imporsi a ogni livello della lavorazione.
Rimane tuttora il film più significativo su quest’episodio della nostra storia risorgimentale e presenta anche molte scene efficaci, nonostante una sostanziale disomogeneità di fondo nello sviluppo della narrazione, dovuto alle diverse scelte di regia adottate in tempi successivi da più autori. (10/05/2005)
Nel 1849, dopo la caduta della Repubblica Romana, Garibaldi con quattromila volontari si mette in marcia attraverso l’Appennino per soccorrere Venezia, ma è inseguito da contingenti austriaci e borbonici, e nelle sue stesse file serpeggia il tradimento. Anita, in un primo tempo rimasta a Roma perché in attesa di un bambino, raggiunge presto il condottiero e con il suo esempio infonde coraggio agli uomini, riuscendo a tenerli uniti.
La sua forte interpretazione sovrasta di molto quelle dei pur professionali Raf Vallone e Alain Cuny e il suo eccesso di zelo mette in ombra le prove dei co-protagonisti, condannandole ad un risultato finale piuttosto scialbo.
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