Regia di Joel Schumacher vedi scheda film
Joel Schumacher osa dirigere Jim Carrey in un film psicologico, dimostrando ampiamente le sue capacità espressive, non ridotte alla sola comicità. Esplora la paranoia che qui ruota tutta intorno al numero 23, legato a Walter Sparrow da una serie di coincidenze che culminano in un finale intuito qualche scena prima e che quindi finisce per perdere lo smalto della sorpresa. Interessante il gioco di colori della fotografia tra la rappresentazione del racconto, dal contrasto marcato, quasi poste rizzato, con la normalità della messa in scena del regolare svolgimento. I colori restano comunque cupi, quasi claustrofobici in ambienti poco illuminati, schermati, anche quando è giorno. Scorrevole il racconto non troppo Jim Carrey che, seppur espressivo, non tiene il ritmo del film e se nelle scene raccontate va eccessivamente sopra le righe, in quelle di vita vissuta subisce gli eventi con l’unica espressione di spalancare gli occhi. Resta un film da vedere per la buonissima messa in scena, a partire dai titoli di testa, anche se per tutto il tempo si ha come l’impressione che manchi qualcosa per poter decollare. Schumacher gioca a fare Fincher ma è evidente che le capacità da visionario non lo rappresentano, laddove i presupposti di una buona storia sembrano esserci manca il modo di metterli in scena senza il timore di strafare o di sbagliare.
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