Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film
Accio e Malrico, fratelli coltelli nell'Agro Pontino degli anni 60. Uno fascista, l'altro "comunista così". Intorno la famiglia proletaria di una volta, costretta in una catapecchia, comunicazione "orizzontale" fatta di botte, frustrazioni tenute buone dai sermoni del prete. Tocca ai due figli sfogare la rabbia ribellandosi, picchiando e picchiandosi, amando (la stessa ragazza), dividendosi e ritrovandosi. Il "cattivo", Accio, cambia idea e accetta la deriva del "buono". La cosa sinceramente molto bella di Mio fratello è figlio unico (di Rino Gaetano c'è solo il titolo) è il tentativo di raccontare quei personaggi lì e quel momento della Storia attraverso un linguaggio vivo, non didascalico, che crei empatia con situazioni apparentemente lontanissime e invece nel nostro dna nonostante le rimozioni e i rincitrullimenti della Tv. A chi si rivolge, il film di Daniele Luchetti, se non alla tribù di Moccia & Brizzi? È così che si dovrebbe tornare a concepire il cinema medio-alto: scegliendo i miti, intesi come storie condivise di una comunità, e divulgandoli in maniera semplice, anche un po0 ruffiana. Ben consapevoli dei limiti di un'operazione simile, tipo le carinerie o l'overdose di sceneggiatura dei soliti Rulli & Petraglia (+ il regista). Ottimo cast, specie Elio Germano. Folgorante Diane Fleri (Francesca).
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