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Mio fratello è figlio unico

Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film

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La recensione su Mio fratello è figlio unico

di barabbovich
6 stelle

Latina, 1962. Da qui parte la storia di Accio (Germano), rissoso da bambino, aspirante ai voti ecclesiastici da preadolescente, quindi iscritto all'MSI, in seguito apostata ma comunque fonte perenne di preoccupazioni per la sua famiglia. Accio vive con la sorella, il fratello Manrico (Scamarcio) e i genitori in una catapecchia. Per evadere dalla famiglia frequenta un venditore ambulante che diventa il suo mentore (Zingaretti), portandolo politicamente sulla sponda opposta di Manrico. I due se le danno spesso e volentieri di santa ragione tanto in casa quanto in piazza, amano la stessa ragazza (una folgorante Diane Fleri) e finiscono per stare dalla stessa parte, almeno finché Manrico non prenderà la deriva terrorista.
Accantonati momentaneamente gli spot della Lavazza, Luchetti - aiutato in fase di sceneggiatura da Rulli e Petraglia e partito dal romanzo "Il fasciocomunista" di Antonio Pennacchi - si tiene a metà strada tra l'impegno dei suoi film più riusciti (Il portaborse, La scuola) e le concessioni a un cinema adolescenziale sulla scia della ditta Moccia & Brizzi. Sicché se la dimensione da commedia funziona abbastanza bene, il ritratto sociologico degli anni '60 e '70 che tratteggia non va però al di là della caricatura: abbondano gli stereotipi, i personaggi di contorno sono semplici macchiette e la meglio gioventù di quegli anni è ridotta a un coacervo di contraddizioni animate da un'ideologia semplicistica.

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