Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film
Daniele Luchetti, ex allievo di Nanni Moretti, è il tipico regista italiano mediamente discontinuo. Nel suo carnet ci sono due fiori all’occhiello come IL PORTABORSE e LA SCUOLA, poi molti titoli riusciti a metà o non riusciti proprio. MIO FRATELLO E’ FIGLIO UNICO, si iscrive alla seconda categoria, promette bene, ha alcune frecce al suo arco ma nel complesso lascia assai perplessi. Tratto liberamente da IL
FASCIOCOMUNISTA di Antonio Pennacchi, ha la struttura di un romanzo di formazione e come protagonista Accio Benassi di Latina, seminarista convinto espulso per troppe intemperanze, figlio di un padre operaio e religioso e di una madre manesca e sempliciotta, fratello minore del piacione Manrico, sanguigno e battagliero negli affetti e nella politica. Accio sposa gli ideali del fascismo grazie all’amicizia con Mario, un ambulante che gli illustra “le cose buone fatte dal Duce”, iscrittosi al M.S.I. vorrebbe menar le mani subito ma troppa irruenza e alcune delusioni (il tentativo di incendiare l’auto di Manrico da parte dei suoi “maestri” e colleghi di partito è forzata) lo costringono a stracciare la tessera. Dietro tale gesto c’è anche l’amore nascosto per la ragazza dell’amato-odiato fratello, entrambi comunisti e dopo il ’68 clandestini e terroristi. Egli, nel frattempo, diventa l’amante di Bella, moglie dell’(ex) amico Mario, come detto per motivi sentimentali si avvicina alla sinistra, ma più che altro diventa un testimone pubblico e privato di alcuni eventi (tragici) che lo porteranno a fare del bene per la famiglia e per i senza casa della sua città. Il personaggio di Accio è un ribelle casalingo, simpatico e confusionario, riscatterà la sua condizione iniziale di “pecora nera della famiglia” contrapponendosi all’opportunista e “compagno che sbaglia” Manrico. Il confronto destra/sinistra dal ’62 al ’73 circa in chiave familiare è la sostanza di MIO FRATELLO E’ FIGLIO UNICO, sceneggiato da S.Rulli e S.Petraglia, un tempo i nostri migliori scrittori di cinema, oggi definiti “…grandi e abili normalizzatori delle meglio e delle peggio gioventù…” (vedi LA MEGLIO GIOVENTU’ e ROMANZO CRIMINALE). In effetti le loro rivisitazioni del nostro recente passato (compreso MIO FRATELLO…) sono troppo edulcorate, nazional-popolari e poco approfondite. Luchetti da par suo svolge il compitino di regista senza strafare, attento e vigile a non commettere errori, ha un’ottima partenza che scema a lungo andare, a parte alcuni picchi (l’irruzione di padre e figlio nel collettivo studentesco e le scene con Bella). I due principali interpreti sono lo specchio del film, non deludono ma nemmeno entusiasmano: Elio Germano ogni tanto va sopra le righe e per il momento non regge una parte da protagonista quasi assoluto, il bel tenebroso Riccardo Scamarcio è ancora acerbo, alla fine il più bravo di tutti risulta Vittorio E. Propizio (Accio ragazzino) per merito della sua freschezza e naturalezza di esordiente.
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