Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film
In anni di ruggenti passioni politiche, dalla fine degli anni Cinquanta a quella dei Settanta, la storia di due fratelli, Accio e Manrico, da una famiglia proletaria in quel di Latina, divisi dal credo politico e dal modo di essere: se Manrico, il più grande, è dotato di un fascino naturale e di un carisma che gliela fa sempre passar liscia, ad Accio, che approda dal seminario all'adesione all'ideologia della Giovane Italia, fino a interessarsi dei testi di Lenin e provare a passare all'azione di gruppi estremisti ed extraparlamentari, sempre senza trovarsi a proprio agio. Il film, che prende spunto da "Il fasciocomunista" di Pennacchi, ma appunto tenendo poco conto del testo, riporta Daniele Luchetti a un cinema italiano di qualità, a mio parere apprezzabile anche all'estero, pur raccontando questioni molto nostrane. Forte di un cast intonato bene, e dell'apporto degli sceneggiatori più bravi su scala nazionale degli ultimi vent'anni, Rulli & Petraglia, il regista de "La scuola" abbozza un affresco in chiave minore di una certa Italia, con l'impeto e la faciloneria di una ricerca di appartenenza , anche , talvolta, senza conoscere bene i radicamenti e le nozioni di una data ideologia, ma che , a conti fatti, con tutti i difetti riconoscibili, può sembrare in un certo senso più vera della vacuità anestetizzata di oggi; e se i centri di potere tradiscono il popolo, come sembra alludere il film nel finale, con una mossa che a qualcuno potrà sembrare qualunquistica, ma che in nome di un tentativo di cercare una dignità maggiore per la propria condizione, ha una logica inoppugnabile.
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